«Mai un’offerta da Lufthansa» Berlusconi chiude la partita ma Bossi non vuole arrendersi Incontro mancato alla buvette di Montecitorio. Oggi il chiarimento Il Senatùr: «I francesi? Una stupidata. Ma a Silvio offro lo stesso il caffè»

RomaUn incontro era in agenda da tempo. «Ore 13, Roma, Palazzo Grazioli», recitava quella di Umberto Bossi. Che poi, causa neve, a quell’ora ancora aspettava che l’aereo s’alzasse da Milano. Così, in prima battuta, il vertice tra Silvio Berlusconi e il Senatùr su Alitalia e le sorti di Malpensa è stato rimandato di ventiquattr’ore «causa maltempo». Con uno strascico piuttosto curioso, se il premier e il ministro delle Riforme hanno passato la serata a Montecitorio distanti qualche decina di metri l’uno dall’altro ma senza mai incrociarsi.
Una distanza fisica che va di pari passo con quella più squisitamente politica. Con dichiarazioni che si susseguono una dietro l’altra e una diversa dall’altra. «Il discorso è ancora aperto, che Cai abbia chiuso con Air France è una stupidaggine», la butta lì Bossi arrivando alla Camera mentre a Palazzo Chigi Berlusconi è impegnato in un faccia a faccia con i vertici Cai, Roberto Colaninno e Rocco Sabelli. Passa una mezzora e - mentre inizia la chiama nominale per la fiducia sul decreto sull’università - dal corridoio laterale fa capolino il premier. Non dice che la partita è già chiusa ma il succo è questo. «La situazione è ormai chiara. Lufthansa non si è mai fatta avanti né fisicamente né con un’offerta». Ma la Lega, sembra voler dire, non si preoccupi perché «l’Enac ha sempre concesso a tutti gli slot richiesti». Insomma, su quel fronte lo spazio c’è.
Passa qualche minuto e mentre il premier è a pochi metri dall’ingresso dell’Aula con Franco Frattini che lo aggiorna sulla crisi di Gaza spunta Bossi. I cronisti gli riportano la dichiarazione di Berlusconi, il Senatùr sfodera un aneddoto sulle capacità amatorie degli arabi pelati e dice che «bisogna sempre smantellare le balle che raccontano gli altri». «La trattativa è complessa - aggiunge - e la partita non è ancora chiusa. Comunque se non c’è Lufthansa ci sono le rotte». Né il premier, né il ministro si accorgono di essere a pochi passi e sono i giornalisti a farlo notare a Bossi. «Ditegli che nonostante minacci di sculacciarmi gli offrirò un caffè», chiosa il leader del Carroccio incamminandosi verso la buvette. Con Berlusconi ormai in Aula e il Senatùr seduto sui divanetti del Transatlantico insieme ai suoi fedelissimi, l’attesa si concentra sul momento in cui i due si incontreranno. C’è la stretta di mano con Paolo Bonaiuti e qualche battuta, ma ancora una volta è solo una questione di metri. Dopo aver votato, infatti, Berlusconi imbocca il corridoio laterale ed entra nella sala del governo dove lo attendono degli appuntamenti (e c’è pure un incontro, cordialissimo, con Roberto Maroni). Una decina di minuti e, sigaro in bocca, anche Bossi lascia il Transatlantico. Niente di fatto, dunque. Se non l’ennesimo rilancio del Senatùr che - nonostante l’evidenza dei fatti e l’incontro a Palazzo Chigi nel quale il premier non ha posto a Cai alcun veto su Parigi - continua a battere il ferro di Lufthansa: «Vi ha detto che i tedeschi non sono mai entrati nella trattativa - dice ai cronisti - perché voi siete ingenui...».
La partita, con ogni probabilità si chiuderà oggi, quando si siederanno a uno stesso tavolo Berlusconi, Bossi e i vertici Cai. Si chiuderà con la formalizzazione dell’accordo con Air France, l’impegno della nuova Alitalia a tutelare Malpensa e la liberalizzazione di alcune rotte. Quello dello scalo varesino, però, è solo l’ultimo di una lunga serie di tira e molla che, raccontano gli uomini vicino a Berlusconi, stanno iniziando a non passare inosservati. Si è iniziato con la battaglia - più ideale che politica - a favore dei writers e si è arrivati ai veti sulla riforma della giustizia, sulle intercettazioni e sull’allargamento della squadra di governo. Insomma, fa notare un ministro molto vicino al Cavaliere, «quando in Consiglio dei ministri c’è da approvare un provvedimento della Lega, magari con il sostegno di Tremonti, nessuno fa obiezioni». Ma «quando è la Lega che deve approvare le proposte degli altri è un susseguirsi di obiezioni, veti e richieste di contropartite».
Una problema, secondo molti, anche in vista della prossima tornata amministrativa. Il timore dei vertici del Pdl, infatti, è che soprattutto al Nord passi il messaggio che la Lega è il vero lobbista del Settentrione, sulla falsa riga del copione che si sta recitando su Malpensa con Bossi che fa la voce grossa e Berlusconi che non può non farsi carico di quelle che sono scelte dettate dal mercato. Anche se sul punto il milanese Paolo Romani, sottosegretario alle Comunicazioni, è piuttosto ottimista: «La Lega è il nostro alleato più fedele e al dunque di problemi non ce ne sono mai stati.

E in vista delle elezioni non mi pare che il loro e il nostro elettorato siano sovrapponibili. Che il Carroccio si dedichi al Nord sta nelle cose, come sta nelle cose che il Pdl guardi all’interesse complessivo del Paese».

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