Makarij Glucharëv

Si chiamava Michail, questo russo, ed era nato nel 1792 a Vjaz’ma, nel governatorato di Smolensk. Studiò in seminario e poi all’accademia teologica di Pietroburgo. Nel 1818 prese i voti monastici col nome di Makarij e fu ordinato sacerdote. Il rettore dell’accademia, s. Filaret Drozdov (divenuto in seguito metropolita), ne aveva stima e ne fece un amministratore di seminari. Ma il Glucharëv aveva altro per la testa e nel 1825 se ne andò in monastero, nell’eremo di Glinka, dove si diede a tradurre gli scritti di s. Giovanni Climaco e s. Teodoro Studita. Cinque anni dopo chiese di poter guidare una missione tra i pagani dei monti Altaj. Qui fece centro nella città di Bijsk e per quattordici anni si occupò dell’evangelizzazione di quelle genti. Nel contempo portò avanti un’altra attività: la traduzione in russo delle Scritture. Il Nuovo Testamento era già stato tradotto ma poi quest’opera era parsa troppo «progressista» al clero dello zar Nicola I e abbandonata. Fu Makarij a riprenderla nel 1837 e a portarla avanti per anni. Tradusse dall’ebraico antico parte dei libri del Vecchio Testamento e scrisse allo zar spiegando i benefici che ne sarebbero derivati. Ma il Sinodo, preoccupato dall’esperienza protestante (che i laici potessero leggere autonomamente la Bibbia era considerato pericoloso), fu subito contrario.

Anzi, Makarij venne trasferito dagli Altaj alla diocesi di Orël e la pillola fu indorata con una nomina a superiore del monastero di Bolchov. Makarij dovette limitarsi alla predicazione e alla direzione spirituale. Morì nel 1847.

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