Medicina

Mal di schiena terapia dolce senza il bisturi

Felicita Donalisio

Il mal di schiena affligge otto persone su dieci. Quando colpisce la parte bassa i sintomi sono dolore lombare e sciatica, talvolta con torpore e formicolio degli arti inferiori. Se riguarda la colonna cervicale, si ha dolore al collo e rigidità con intorpidimento dell'arto e della mano. Causa di questa patologia, che può produrre effetti invalidanti, è l'irritazione delle radici nervose delle vertebre, spesso provocata da un'ernia discale. Spiega il dottor Alberto Alexandre, direttore dell'Euni, Istituto europeo di neurochirurgia, con sede a Treviso (sito www. eunionline.com) «Tra una vertebra e l'altra s'interpone un disco formato da un anello esterno fibroso e da un nucleo centrale polposo. Questa specie di cuscinetto unisce le vertebre e funge da ammortizzatore, evitando che esse entrino in attrito. Superati i trent'anni, l'anello esterno diventa sempre meno elastico, esponendosi alla rottura. Può bastare un movimento sbagliato (il sollevamento di un peso, soprattutto se ripetuto), oppure una postura non corretta, per far sì che l'anello fibroso si rompa e lasci filtrare la polpa del nucleo verso l'esterno. Questa protuberanza comprime la radice nervosa, provocandone l'infiammazione». Come si cura l'ernia al disco? «Rimuovendo il tessuto in eccesso», continua il dottor Alexandre. «Il quadro clinico non si presenta in tutti i pazienti allo stesso modo: ogni situazione richiede un approccio specifico. Per fortuna ora disponiamo di uno spettro molto ampio di metodiche che ci offre soluzioni differenziate, mentre fino a pochi anni fa le uniche possibilità erano la terapia con farmaci antinfiammatori e la chirurgia a cielo aperto (discectomia). Oggi, ad esempio, nel caso di ernie contenute, tipiche di giovani con problemi di postura o che svolgono in modo non corretto un'intensa attività sportiva, conviene applicare una tecnica di coablazione del disco, chiamata nucleoplastica. Con una semplice puntura, nel fianco destro viene inserito un ago che raggiunge il disco da trattare. All'interno dell'ago viene poi fatto scorrere un elettrodo termocoagulatore a radiofrequenza che disidrata il disco e ne riduce il volume, in modo da far rientrare la protuberanza che preme sul nervo». E per le ernie più gravi? «Nei pazienti più maturi succede che il disco subisca una degenerazione, liberando sostanze acide che intossicano il tessuto nervoso. In questi casi, l'azione terapeutica deve non solo decomprimere le radici nervose ma anche rimuovere il danno provocato da ischemia e intossicazione chimica. Ciò si può ottenere con l'impiego dell'ozono che da un lato disidrata il tessuto del disco, riducendone il volume, e dall'altro svolge un'azione antinfiammatoria e iperossigenante. La tecnica della discolisi si avvale di iniezioni di una miscela di ossigeno-ozono e si articola in due fasi: la prima è costituita da più sedute ambulatoriali in cui la miscela viene infiltrata nei muscoli attorno alla colonna vertebrale. Nella seconda, l'ossigeno-ozono viene iniettato nel disco una o due volte, mediante una sonda che si introduce sotto controllo di scopia, in anestesia locale e senza incisioni. Una specifica metodica, la neurolisi endoscopica, viene infine impiegata per rimuovere le aderenze che si formano nel canale spinale, spesso a seguito di rimozioni di ernie discali effettuate con la chirurgia tradizionale.

È una tecnica endoscopica microinvasiva che utilizza una sonda ottica di meno di un millimetro di diametro, introdotta nel canale spinale attraverso una puntura, in anestesia locale e sedazione».

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