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Malasanità, 329 morti in due anni In Calabria il record degli «orrori»

Vibo Valentia: donna di 33 anni muore di parto. Locri: bambina di cinque anni muore dopo essere stata dimessa dall’ospedale. Cosenza: ingessato il braccio sano a una bambina di due anni e mezzo. Basta cliccare su Internet «Malasanità» e l’elenco dei più assurdi decessi o delle distrazioni mediche ci riporta dritti al Sud. Ed è amaro il titolo di una tv locale calabrese che ieri annunciava: «Tranquilli: quanto a malasanità nessuna sorpresa! La Calabria resta saldamente in testa a ogni classifica negativa». Il cronista commentava i dati resi noti ieri dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sanitaria presieduta da Leoluca Orlando. Nel complesso catastrofici: negli ultimi due anni, tra errori, disservizi, carenze strutturali e inefficienze, i casi di malasanità sono cresciuti: 470 in totale, sedici al mese, più di uno ogni 48 ore, di cui 329 terminati con la morte del paziente. Una tendenza in salita negli ultimi 12 mesi, con una media di 19 episodi al mese. Numeri che impressionano ma non quanto il dato geografico. È la Calabria, infatti, la regione in cui si muore di più in ospedale. Gli episodi di sospetta malasanità sono stati 97 e i decessi ben 78. Al secondo posto si piazza la Sicilia, con 91 casi di errori sanitari e 66 decessi. Poi c’è il Lazio dove si contano ben 51 casi di errori e 35 morti. Insomma, queste tre regioni, da sole, totalizzano oltre la metà delle criticità con una media di quasi due al giorno. In Italia, per fortuna, c’è anche la sanità che funziona. In alcune regioni non si sbaglia quasi mai. In Sardegna, zero segnalazioni in 29 mesi. In Molise e in Trentino solo una. Sulle dita di una mano anche le disfunzioni in Umbria, Friuli, Basilicata, Marche e Umbria. Numeri contenuti anche in Valle d’Aosta (10), Piemonte (9), Abruzzo (7), Umbria (4).
Le cosiddette regioni virtuose, con la sanità migliore in Italia, sono affette da pochi episodi di presunta malasanità e si collocano nella seconda parte della classifica: la Toscana si ferma a 29 casi (18 decessi), Lombardia a 28 (11 morti), Emilia Romagna 24 (16 morti) e Veneto 23 (13 morti). In mezzo al guado la Puglia con 31 casi denunciati e la Campania con 29. Ovviamente non tutte le colpe devono essere attribuite ai medici. Su un totale di 470 casi di malasanità, 326 riguardano errori da parte dei medici e del personale sanitario. Che potrebbero aver causato 223 decessi. Ma sono molti anche gli episodi causati da disservizi, carenze e strutture inadeguate. E anche in questo caso il terzetto Calabria, Sicilia, Lazio, colpisce ancora. Ma questa situazione è irrecuperabile? Il presidente Orlando sembra cautamente ottimista ad un patto: «Gli operatori devono denunciare spontaneamente anomalie e disfunzioni». Bisogna spazzare via l’omertà perché - secondo l’ex sindaco di Palermo - è figlia di personalismi e accordi clientelari. «Il vero punto – denuncia Orlando - è che troppo spesso gli operatori si rivelano più interessati a non dar fastidio al politico di turno, piuttosto che assicurare la sicurezza propria e dei pazienti». Parole gravissime che riflettono la situazione in cui si trova la sua Sicilia e la Calabria.
Il caso Calabria: secondo questa indagine la regione svetta per quantità e gravità dei casi di malasanità, con quasi il 25% dei presunti errori che si contano a livello nazionale. Ogni volta che ci scappa un morto, scatta un’indagine, lo sdegno dell’opinione pubblica. Ma poi tutto procede come prima. E calabresi se la passano molto male. Sono secondi in Italia per spesa pro capite sulla sanità e all’ultimo posto per la qualità offerta nei servizi sanitari principali. Chi può emigra e si fa ricoverare in altre regioni spendendo oltre 3mila euro in più. Così, in Calabria si spende il triplo del Veneto. Gli ospedali sono zeppi di amministrativi più che di medici. Un esempio? A Gioia Tauro in ospedale ci sono 26 cuochi per 32 posti letto.

Speriamo si mangi meglio che al ristorante.

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