Gli ultimi due sono neonati: una bimba di 28 giorni ed un piccolo appena venuto alla luce con un parto cesareo. Mancavano pochi giorni al 2011, quando in due ospedali di Cosenza si registravano gli ultimi casi di malasanità dell'anno. Ma è da molto più tempo che in Calabria si muore per cattiva assistenza, per gli ospedali fatiscenti, per la mancanza di posti letto ed ambulanze. Il primato della regione l'ha certificato, pochi giorni fa, la Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari, presieduta da Leoluca Orlando. Il territorio dal Pollino allo Stretto è quello dove, in Italia, si muore di più per malasanità. Poi ci sono la Sicilia (63 e 43) seguita da Lazio (32 e 19) e Puglia (23 e 14). Complessivamente, 326 casi contati in tutto il Paese dalla Commissione parlamentare che si occupa di errori e disavanzi nella sanità. Settantotto di questi casi si sono registrati in Calabria e 59 hanno avuto come esito la morte del paziente. Nello specifico, ci sarebbero stati 64 errori sanitari, che in 49 casi avrebbero portato al decesso del paziente, ed in altre 14 circostanze ci sarebbero state altre criticità o disfunzioni di diversa natura che in 10 casi hanno avuto come esito il decesso del paziente. Su queste segnalazioni, la Commissione parlamentare d´inchiesta ha inoltrato una richiesta di relazione indirizzata al Presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, per avere informazioni volte a far luce sulle situazioni che hanno determinato l´eventuale criticità segnalata.
Quindi il dato nazionale complessivo vede una morte sospetta ogni due giorni e di queste uno ogni quattro in Calabria. Dati allarmanti che non fanno stare sereni proprio per nulla i calabresi che si devono curare nella propria regione. Quindi una specie di Caporetto dei giorni nostri per quanto riguarda la sanità calabrese, che ogni giorno presenta «il conto» salatissimo per i suoi assistiti. Secondi in Italia per spesa pro capite sulla sanità, ma agli ultimi posti per la qualità dell'offerta nei servizi sanitari principali. I calabresi se la passano abbastanza male. Anche perché, la Calabria primeggia per emigrazione sanitaria. I calabresi spendono in media all'anno 3.110,2 euro pro capite. Praticamente, dalle nostre parti, si spende il triplo del Veneto. Numeri allarmanti, soprattutto per le tasche dei contribuenti. Infatti, con il varo del federalismo fiscale, la copertura integrale del deficit sarà a totale carico delle singole Regioni. In pratica, quei 3mila e passa euro dovranno venir fuori dalle tasche dei martoriati calabresi che non è che godano di buonissima salute negli altri settori. La relazione della Commissione d'indagine «sulla qualità dell'assistenza prestata dal servizio sanitario della Regione Calabria», datata 14 aprile 2008 era un elenco di situazioni sconcertanti: in 36 ospedali calabresi (su 39) furono trovate irregolarità, oltre alla mancanza di una rete d'emergenza. Per contro, abbondava in quasi tutti i nosocomi il personale amministrativo, proliferato oltre ogni decenza. In un caso, quello della Azienda sanitaria provinciale di Crotone, il prefetto Riccio scriveva così: «Su 1.980 dipendenti, 353 amministrativi sembrano veramente troppi», tanto più che «l'incidenza delle strutture private è straordinariamente elevata: il numero degli esami di laboratorio effettuati in ospedale è molto basso». Probabilmente con le stesse apparecchiature, e la stessa dotazione organica si possono raddoppiare o triplicare i fatturati (riducendo naturalmente i budget per i laboratori privati). I quali invece, annotava sconcertato il prefetto, «complessivamente forniscono oltre 732.000 prestazioni l'anno». Non parliamo poi degli ospedali della Piana di Gioia Tauro, i dipendenti sono 1.758 per 234 posti letto: 7,5 a letto, contro una media nazionale di 2,9. A Gioia Tauro, in ospedale ci sono 26 cuochi, anche se i pasti li porta una ditta esterna per soli 32 posti letto, in teoria quasi un cuoco per ogni paziente. Nell' Ospedale di Vibo Valentia, per 200 letti, lavorano ben 115 medici, 220 infermieri, 16 ausiliari e 10 tecnici. D'altronde qui per tantissimo tempo la 'ndrangheta con i suoi boss e gregari ha fatto da efficientissimo ufficio di collocamento per parenti e amici degli amici. Basti pensare che la Commissione parlamentare antimafia, nella relazione annuale 2008, scrive: «In un'azienda sanitaria lo Stato non è riuscito a far luce sul numero dei dipendenti e sul posto indicato in organico ». Si parla di Locri, dove 13 medici, 23 tra tecnici ed infermieri e ventinove addetti alle pulizie sono parenti di boss, ma non è solo Locri così, ma nell'intera regione Calabria, dove si può ancora morire per un'appendicite o un ingessatura troppa stretta oppure perché mancano le ambulanze.
Su episodi di mala sanità indagano le procure dell'intera regione: A Reggio Calabria, Locri e Palmi. A Lamezia Terme, Vibo e Catanzaro. A Cosenza, Rossano e Paola, ovvero un dato pesante. In Calabria 9 procure su 11 hanno aperto fascicoli per casi di presunta malasanità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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