Malpensa e gli accessi negati Accordi governativi da rifare

da Milano

«Moratorie» e compensazioni a parte, dopo il disimpegno di Alitalia, Malpensa deve ripensare e organizzare il proprio futuro. Anche se dovrà rinunciare al ruolo di scalo hub, ovvero di smistamento di traffico, sarà necessario garantire il più possibile la sua connettività con il resto del mondo. Oggi le destinazioni intercontinentali servite da Malpensa sono 77, e da aprile scenderanno a 63. Almeno in parte, questa perdita potrà essere arginata rinegoziando molti accordi bilaterali: sono le intese che regolano il trasporto aereo tra l’Italia e tutti gli Stati extra-Ue ed extra-Usa. Spiega Giulio De Metrio, chief operating officer (una sorta di super direttore generale) del gruppo Sea: «Finora l’iniziativa per accordi internazionali era della compagnia di bandiera e c’era una specie di sostegno da parte delle autorità, che accompagnavano lo sviluppo del vettore pubblico e della sua rete. Oggi questo cambierà: se l’Alitalia diventerà francese, l’interesse di Air France sarà quello di ottimizzare il proprio network, che s’incardina innanzitutto su Parigi e Amsterdam. L’accessibilità dell’Italia, dunque, diventa ancora di più una responsabilità del governo, che a questo scopo dovrà promuovere la rinegoziazione di molti accordi con altri Paesi».
Un bilaterale contiene tre elementi principali: la designazione di uno o più vettori per Stato, una o più destinazioni, il numero dei voli quotidiani o settimanali. Il trasferimento di Alitalia a Roma e la rigidità dei trattati crea serie conseguenze a Malpensa. De Metrio fa degli esempi: «Alitalia serviva Dubai da Malpensa, ora lo farà da Fiumicino. Malpensa resta collegato da Emirates, che vorrebbe raddoppiare le frequenze, operandone due al giorno: non può, perché il bilaterale ne prevede 7 alla settimana per parte. Venezuela: il Milano-Caracas di Alitalia si sposta a Roma. Non sono possibili più frequenze, così altri operatori italiani eventualmente interessati non possono ottenere le autorizzazioni». Ancora: «Con la Russia c’è un bilaterale articolato, ma in sostanza le uniche due compagnie designate sono Alitalia e Aeroflot. Da Malpensa, Alitalia passerà da due a un volo al giorno per Mosca, e da uno al giorno a tre alla settimana per San Pietroburgo. La domanda è altissima, ma altri vettori italiani non possono raccoglierla perché non designati dal bilaterale. Lo stesso discorso fatto per il Venezuela vale per l’Argentina, meta di grande interesse per l’Italia: Alitalia farà tutti i voli disponibili da Roma, Milano è fuori. Con il Brasile sono concordate 16 frequenze settimanali, e Alitalia ora ne farà 14 da Roma (7 su San Paolo, 7 su Rio): per Milano restano disponibili solo due voli, una frequenza poco interessante per un altro operatore».
La Sea ha esaminato in profondità un centinaio di accordi. «Prendendo i 15 più importanti - continua De Metrio - dieci hanno bisogno di essere rivisti. O sono esaurite le frequenze disponibili, o il vettore designato va cambiato o integrato; in sette casi, alla compagnia corrispondente è addirittura negata l’accessibilità a Milano». Questo «divieto» riguarda Filippine, Nigeria, Perù, Corea del Sud, Capo Verde, Bangladesh, Colombia. «Rinegoziando, l’ideale sarebbe realizzare degli “open skies” con tutti i Paesi, togliendo vincoli e creando la massima libertà».
La Sea ha presentato un pacchetto di 25 bilaterali da rinnovare nell’interesse di Malpensa e del Nord.

Tempi? «I più rapidi possibile - risponde De Metrio -. Non è un problema di vecchio o nuovo governo, si deve agire in fretta. Va capito che è assurdo mantenere limiti, e che una corretta rinegoziazione può in parte ripristinare l’offerta sottratta allo scalo».

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