Malpensa, spunta un tesoro nelle scarpe di un cinese

Aveva 180mila euro nascosti nel rialzo dei tacchi: arrestato Nel 2007 record di sequestri di valuta nello scalo lombardo

Niente banche, nessun money transfer. Il denaro che non ha odore viaggia in contanti e in classe economica. Lascia il Paese, non tracce. A Malpensa, l’ultimo check in. È da qui che i soldi sporchi prendono il volo. Ed è nei terminal, che finanzieri e doganieri intercettano i corrieri di valuta. Ancora uno, ieri mattina.
Milano-Pechino, via Roma. Un cittadino cinese, professione ristoratore e residente nel lodigiano, si prepara all’imbarco. Nel bagaglio a mano, una bottiglia di whisky in confezione regalo. Alle Fiamme gialle dichiara di portare con sé poche migliaia di euro. Dopo un controllo, resterà a terra. I finanzieri infatti gli trovano addosso 180mila euro, nascosti in parte nella scatola del superalcolico, altri nel doppio fondo delle scarpe. Fermato. L’accusa, ricettazione.
Ed è solo l’ultimo caso passato tra le maglie di Ercole Esposito, direttore della dogana di Malpensa, e del tenente colonnello Emilio Fiora, comandante della guardia di finanza dell’hub. Soltanto pochi giorni fa, era toccato a una rom bosniaca di 27 anni, domiciliata in un campo nomadi di Milano: destinazione Barcellona e 112mila euro nascosti tra la biancheria intima del bagaglio a mano. Per la prima volta, era stato disposto il sequestro dell’intera somma (e non solo del 40 per cento dell’eccedenza oltre i 10mila euro consentiti dalla legge), impedendo l’esportazione di denaro di provenienza ritenuta illecita. Ad ogni modo, si tratta della punta dell’iceberg.
Perché, in dodici mesi, le persone fermate per questo reato allo scalo milanese sono state 682, quasi due al giorno, e il volume del «denaro nero» bloccato al suolo ha superato la cifra record di 16 milioni di euro, su un totale nazionale che sfiora i 22 milioni. Un dato che colloca Malpensa al vertice tra gli aeroporti più battuti dai corrieri di valuta, ma - anche - tra quelli più controllati dalle forze dell’ordine. E il motivo è di pubblica sicurezza.
In mezzo alla massa delle «piccole» spedizioni organizzate in proprio dai migranti secondo sistemi tradizionali fondati sui legami familiari o etnici, infatti, si muovono anche le organizzazioni criminali. Gruppi che reclutano i corrieri per esportare i proventi dei traffici illeciti: droga, commercio in nero, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione. E non solo.

Perché è attraverso questi canali «anonimi» che alcuni gruppi politici di ispirazione islamico-integralista finanziano le proprie cellule in nord Africa, Medioriente, Balcani. Soldi invisibili nascosti nei bagagli a mano, migliaia di euro tra cioccolatini, scatole di pasta, biancheria intima e tacchi rialzati.

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