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Malta: «Ecco la foto, li abbiamo soccorsi» Ma si vedono bene i naufraghi stremati

È l’unica immagine del viaggio della morte. Quella che, però, potrebbe confermare il terribile racconto dei cinque sopravvissuti al naufragio del gommone maledetto. Ventuno giorni alla deriva senza acqua né cibo, dopo essere partiti in settantotto (così raccontano) dalle coste della Libia. Fino a quel giorno. Fino a quando, raccontano gli scampati a quella che ormai sembra proprio essere stata una strage, il relitto alla deriva incontra una vedetta delle forze armate maltesi. Che, dopo aver dato loro pochi viveri e un po’ di benzina, li invita a proseguire verso l’Italia.
Un racconto terribile. Difficile anche da credere. Ma a distanza di sette giorni, investite dalle polemiche, le Forze armate di Malta diffondono una foto con il gommone e i cinque eritrei a bordo. Alla fine soccorso, giovedì scorso, al largo di Lampedusa da una motovedetta della Guardia di Finanza. Italiana. L’immagine dall’alto, scattata il 19 agosto da un aereo della missione Frontex, «documenta» l’intervento della Marina maltese che, dopo aver agganciato il battello alla deriva con un altro gommone, lo ha rifornito di carburante consegnando alcuni giubbotti di salvataggio. La prova, secondo le autorità maltesi, che i cinque eritrei «erano in buone condizioni di salute», come scrive il portavoce dell’esercito Ivan Consiglio e che il gommone «pulito e in perfetto stato» non poteva contenere gli altri 73 migranti che, secondo i superstiti, sarebbero morti durante la traversata.
Una difesa che si trasforma nel più terribile atto d’accusa. In realtà nella foto si vedono i cinque naufraghi sdraiati sul paiolato in legno del gommone. A poppa c’è Titti Tazrar, l’unica donna sopravvissuta alla terribile odissea, oggi ancora ricoverata all’ospedale Cervello di Palermo allo stremo delle forze. È rannicchiata a poppa, accanto al motore. Non beveva e non mangiava da settimane. Con i suoi compagni era ormai costretta a bere poche gocce di urina raccolta in un recipiente. Avevano già buttato a mare i settantatrè corpi dei loro disgraziati compagni di viaggio. Eppure, secondo Malta, quel gommone era in perfette condizioni.
Difficile da credere. E la sua lunghezza (12 metri) è assolutamente compatibile con la presenza di una ottantina di persone a bordo, come ha confermato anche la Guardia di Finanza sulla base dell’esperienza di numerosi altri sbarchi avvenuti con imbarcazioni di quelle dimensioni.
Non basta. La foto diffusa dalle Forze Armate maltesi contiene un’altra incongruenza: l’immagine è stata infatti scattata alle 10.34 ora locale, ma nel fax inviato alla Guardia di Finanza solo alle 7.30 del giorno successivo si segnala la presenza di un gommone «avvistato» alle 10.48, senza peraltro fare alcun cenno all’intervento dei militari maltesi che a quell’ora avevano già «agganciato» l’imbarcazione.

Ventiquattr’ore e la fine dell’incubo, grazie ai finanzieri italiani che, viste le condizioni dei naufraghi, li portano immediatamente a Lampedusa invece che a Porto Empedocle. Sette giorni dopo, la terribile verità sul comportamento dei militari maltesi.

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