Maltempo e mala tempora

Forza lupi, son tornati i tempi cu­pi. Rinevica a Roma, ma gli ecologisti della domenica tacciono. E mentre in Italia si trema per il clima polare, in Vaticano si tra­ma...

Maltempo e mala tempora

Forza lupi, son tornati i tempi cu­pi. Rinevica a Roma, ma stavol­ta Gianni Alemanno non spala: fa la spola tra una televisione e l’altra procurandosi molti nemici e - lui crede, d’altronde è fascista - molto ono­re. Ma è più probabile che stia dissipan­do molti consensi, ammesso che non ne avesse dissipati già abbastanza per garan­tirsi la sconfitta alle prossime elezioni. Qualcuno scommette. Se il sindaco ripro­porrà la propria candidatura, non supere­rà il 35- 37 per cento. Si consoli: essere bat­tuti dal generale Inverno non è biasime­vole. È successo anche a Napoleone e a Hitler, può succedere anche a lui.

Il fatto che in gennaio e in febbraio fac­cia freddo non dovrebbe sorprendere. In­vece sono stupiti perfino gli scienziati. Ho letto su vari quotidiani che il pianeta non corre più il rischio del surriscaldamento e che l’effetto serra è una benedi­zione del cielo: ci salverà dalla glaciazio­ne. Gli ecologisti della domenica, e della politica, come commentano questa fac­cenda, cioè che il guaio non è più il caldo bensì il freddo? Tacciono. Forse stanno riorganizzando le idee.

Mi piacerebbe conoscere in proposito l’opinione di Fulco Pratesi, guru del Wwf, che anni fa scrisse sul Corriere della Sera un editoriale memorabile, in cui spiega­va come affrontare l’emergenza siccità (era estate e non pioveva da un paio di set­timane, capirai che dramma). O, meglio, raccontava con dovizia di particolari il protocollo che egli aveva personalmente adottato, consigliando i lettori di fare al­trettanto: evitare con cura di lavarsi, non azionare lo sciacquone del water, cam­biarsi la biancheria (calze, mutande) ogni due o tre giorni. Con rispetto parlan­do, una porcata pazzesca.

Leggo sulla Repubblica che i clochard, abituati a pernottare al binario 19 della stazione Termini di Roma, non vogliono saperne, nonostante la temperatura sibe­riana, di trasferirsi al dormitorio pubbli­co, dove, se non altro, funziona il riscalda­mento. Preferiscono morire assiderati (e, difatti, alcuni sono morti e probabil­mente altri ne moriranno). Se fanno cer­te scelte, avranno le loro buone ragioni, ma le tengono per sé e continuiamo a non capire perché rifiutino ogni aiuto. Cosicché invece di suscitare in noi un sen­timento di pena, ci fanno pensare che ab­biano qualche filo staccato. Per non viola­re la loro libertà di campare come gli pare, assistiamo sbigottiti al loro suicidio. Chi avesse un suggerimento per convin­cerli a farsi dare una mano, non esiti a comu­nicarlo al Giornale. Provvedere­mo a inoltrarlo a chi di dovere.

Mentre in Italia si trema per il clima polare, in Vaticano si tra­ma. Niente di nuovo. I preti sono uomini e ne hanno tutti i difetti, forse alcuni di più, tra cui un alto tasso di ipocrisia. E la notizia che un cardinale va in giro a dire (e a scrivere) che c’è un piano per uccidere il Papa viene minimizza­ta, nascosta, presa sottogamba. Gran parte dell’informazione lai­ca (democratica, antifascista ec­cetera) intuisce che le alte gerar­chie della Chiesa non gradisco­no sia data pubblicità all’indi­screzione ( vera), e si presta al gio­co. Giornali e tv rinunciano a gri­dare e parlano del progettato de­litto con un fil di voce, in modo che pochi odano e, soprattutto, che all’ombradel Cupolone nes­suno si irriti. Missione compiu­ta.

Ratzinger è angosciato, sta ma­le? Conviene non amplificare. Il Vaticano, pur nel suo declino, ri­mane un potere. Chi gli si è mes­so contro si è sempre strinato. E non parlo per sentito dire.

Tanto per stare allegri, un ac­cenno alla Grecia. Da un anno è sull’orlo della catastrofe e, a for­za di ripeterlo, non ci facciamo più caso. Il problema è che ades­so non è sull’orlo, ma sta precipi­tando. Questione di giorni. I con­ti dello Stato ellenico sono un ci­mitero. La gente, anziché rim­boccarsi le maniche, scende in piazza a protestare, come se ser­visse a qualcosa. Il Paese si para­lizza e non produce neanche quel poco che potrebbe. Il de­fault non è un pericolo: ormai è una realtà.

Il lettore obietterà: e io che ci posso fare? Nulla. Ma è opportu­no tener presente che se la Grecia si schianta, e si schianterà a bre­ve, la seguirà a ruota il Portogallo che si trascinerà appresso la Spagna. Tre nazioni fuori dall’euro, indebitate e non in grado di resti­tuire i soldi che si sono fatte pre­stare, faranno implodere l’Unio­ne europea. Addio moneta uni­ca, addio sogni unitari. Addio Me­rkel e addio Sarkozy.

Ciascuno tenterà di limitare i danni taglian­do i ponti con i ruderi della Ue. Si tornerà al nazionalismo. E Mario Monti con i suoi professori? Augu­riamo loro di non smarrire la sin­deresi. Ci sarà bisogno di calma e sangue freddo. Che, data la stagio­ne, non è impossibile avere.

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