A Mamma Rai serve la dieta Inizia Calderoli: giù gli stipendi

RomaC’è un’azienda pubblica nella quale professionisti sono ben pagati pur non ammazzandosi di fatica. C’è un’azienda pubblica nella quale le star continuano a strappare contratti milionari. C’è un’azienda pubblica, dunque rappresentativa dello Stato, nella quale si compensa chi dileggia le istituzioni, a partire dal presidente del Consiglio.
Ma se il cittadino qualunque dovrà tirare la cinghia, non dovrebbero farlo anche coloro che si alimentano al seno di «mamma Rai»? La domanda se l’è posta ieri il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli. «Le manovre non sono mai belle, ma possono essere necessarie, a condizione - come la Lega ha chiesto - che i sacrifici siano di tutti», ha sottolineato. E se anche gli organi costituzionali, che non possono essere oggetto di provvedimenti legislativi, si stanno adeguando, «dobbiamo chiedere sacrifici anche alla Rai».
Secondo Calderoli, «non esistono al mondo liquidazioni come quella di Santoro o stipendi da favola pagati per “stare in panchina” e non lavorare. Le regole della manovra devono essere applicate anche all’interno della Rai, altrimenti si ridiscute il pagamento del canone». Una mossa a sorpresa, ma neanche tanto: i politici che hanno dovuto tagliarsi i compensi non vedono di buon occhio lo scialo di Viale Mazzini. E, soprattutto, come spiegarlo alla base padana?
Ecco, ci si può provare. Magari partendo da ciò che è noto. Ad esempio. Cosa accadrebbe se si tagliassero i compensi delle superstar del 10% come ai politici? Prendiamo Fabio Fazio (circa 2 milioni di euro lordi annui), Bruno Vespa (1,6 milioni), Simona Ventura (1,2 milioni più bonus) e Antonella Clerici (1,5 milioni di euro il vecchio contratto, ritoccato dopo l’ottimo Sanremo). Il risparmio sarebbe di circa 630mila euro.
Altri 100mila circa potrebbero giungere da Carlo Conti che ieri ha rilevato come «gli stipendi siano già bloccati e non ci sono stati aumenti e quando vai a rinnovare c’è già un blocco del 20 per cento». Non ha tutti i torti: tra Eredità, I migliori anni e Voglia d’aria fresca è sempre in video. Non è lo stesso per Antonio Caprarica, ex direttore del Gr in attesa di tornare alla corrispondenza da Londra. Mentre il titolare in prorogatio della sede londinese, Giovanni Masotti, ha già avviato la causa di lavoro e ogni giorno imperversa sui tg, Caprarica attende; intanto ha fatto l’opinionista per Sky Tg24 e per Rainews e continua a percepire da Viale Mazzini circa 450mila euro lordi.
E poi se il decreto-manovra inciderà sugli stipendi del presidente Rai Garimberti (448mila euro) e sul dg Masi (715mila), perché non pensare ai 400mila di Giovanni Floris e ai 750mila di Michele Santoro? Quest’ultimo da poco ha rifiutato uno scivolo da 2,7 milioni più un’altra decina per le docu-fiction. E se il salotto antiberlusconiano di Parla con me sarà ridimensionato, perché non riparametrare anche il cachet di Serena Dandini che si avvicina al milione?
Populismo? Demagogia? I dubbi svaniscono se si fanno due conti sul bilancio 2008, l’ultimo disponibile. Rai spa ha speso 902 milioni per il personale (11.700 dipendenti tra cui 270 manager e 1.650 giornalisti) e 147 milioni per le prestazioni di lavoro autonomo. Tagliare del 10% queste voci nel biennio della manovra significherebbe ridurre consistentemente le perdite. Annunciate e quindi certe nonostante gli 1,6 miliardi di canone versato dai contribuenti.
Se queste considerazioni non fossero sufficienti, basterebbero le repliche a Calderoli di tre esponenti sicuramente non tacciabili di connivenza perché di area Pd. Il presidente Rai Garimberti ha ricordato come «il piano industriale per i prossimi anni prevede già la riduzione delle spese».

Il presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli, ha evidenziato come «Calderoli ha messo il dito sul nervo scoperto: un ridimensionamento di taluni stipendi anche in Rai che non sia di un genere solo moralistico, e non è il caso di Calderoli, è un problema che la Vigilanza ha all’ordine del giorno». Per il vicepresidente della Bicamerale Merlo, «sarebbe curioso se qualcuno pretendesse di non essere sfiorato dalla crisi per poi, magari, continuare a predicare moralizzazione».

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