Mancano infermieri ma in corsia arrivano i medici di famiglia

Si formano, fanno esperienza e se ne vanno. Storia di un infermiere tipo che studia al San Paolo, inizia a lavorarci e poi si licenzia, «perché riceve offerte economicamente più vantaggiose da cliniche private - spiega il direttore sanitario Danilo Gariboldi - o torna a vivere nel suo paese d'origine, spesso al sud e così noi dobbiamo ricominciare daccapo». Chi ci rimette? «La qualità del servizio di accoglienza, che sarebbe migliore se non ci fosse sempre questo turn over di infermieri». Resistenza media: tre anni. Carenza di personale standard: «circa 15 o al massimo 20 infermieri in meno, ma non ci possiamo lamentare». Si lamentano invece, i pazienti per la bassa qualità del vitto. «Il nostro grande problema - rivela il direttore generale Giuseppe Catarisano - è riuscire a reperire le professionalità. Ci abbiamo provato ma a questo punto ci siamo arresi e abbiamo deciso di esternalizzare il servizio, per soddisfare al meglio le esigenze dei pazienti».
Si alternano vorticosamente gli infermieri, ma in corsia al San Paolo arrivano i medici di famiglia. Merito del progetto l'Ospedale in comune, «nato con l'obiettivo di avvicinare questi dottori agli ospedalieri affinché - chiarisce Gariboldi - entrambi contribuiscano attivamente al percorso diagnostico-terapeutico del paziente, che così potrà fare affidamento su una persona che già conosce».
Lavori in corso anche presso il secondo polo universitario cittadino. Si parte tra febbraio e marzo e neanche a dirlo, come in molti degli altri ospedali milanesi si comincia con il punto debole: il pronto soccorso. «Ora non siamo in grado di rispondere con immediatezza e il motivo è semplice - continua Gariboldi -: la struttura attuale è stata costruita prevedendo un accesso di 40mila utenti, ora invece di media ne contiamo 86mila, più del doppio». E allora che si fa? «Senza mai chiudere, riusciremo a fare un ampliamento di 800 metri quadri ed apriremo un percorso a parte per i codici bianchi come hanno già fatto al San Carlo». Obiettivo: «dimezzare i tempi di attesa». Cinquecentomila pazienti come bacino d'utenza, 24mila ricoveri l'anno e 35mila day hospital, sono i tempi d'attesa al pronto soccorso il tallone d'Achille di questa struttura che forma gran parte dei futuri medici. Un po' di numeri: 500 sono gli studenti di medicina, a cui vanno aggiunti circa 400 tra futuri infermieri, fisioterapisti, dietisti, igienisti e tecnici di laboratorio per un totale di 60 professori universitari. Ostacolo principale è la burocrazia.

«Il San Paolo funziona, ma potrebbe essere più efficiente se venissero alleggeriti i percorsi burocratici». Un esempio: «Per comprare un macchinario ci vuole un anno». Eccone un altro: «Da quando un primario va in pensione, tocca aspettare sette-otto mesi prima che il sostituto possa insediarsi».

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