Riccardo Signori
nostro inviato
ad Appiano Gentile
Bei tempi quando Adriano segnava tre gol al Porto: poco più di sette mesi fa a San Siro, ma sembrava un altro mondo, un altro bomber e un’altra Inter. Tre gol che fecero pure record per la storia nerazzurra, che mai aveva visto una tripletta in coppa dei Campioni. Oggi i musi sono lunghi, quello di Mancini rasenta la depressione, Moratti continua a lasciar fare ai suoi cocchi e ne ottiene le solite buggerature, l’Inter in una settimana forse si è giocata una stagione di campionato, Adriano segna solo in discoteca, anche se con la fidanzata ufficiale ha realizzato l’autogol che l’ha mandato in sbandata prolungata: dal ritardo aereo al ritardo all’allenamento.
Suvvia, un bel sospirone e pronti a ricominciare. L’Inter non può guardarsi indietro, anzi è meglio non lo faccia, ma deve guardare avanti. Ovvero: «Martins e Adriano al centro dell’attacco e tanta voglia di vincere». Mancini ha sintetizzato così il succo di una serata da vivere tra i fantasmi di San Siro e quelli del futuro. Dodici giorni fa, in Portogallo, cominciò la marcia indietro nerazzurra: Mancini si inventò una formazione strategicamente improbabile (punta unica) e il Porto venne benedetto dallo stellone rifilando due reti sotto forma di autogol ed evitando altri problemi. Poi vennero il brodino di Udine, la macumba della Roma e i colpi di testa di Diana e della Samp. C’è il tanto per grattarsi la crapa e sentire sulla schiena il peso di un fiasco.
L’Inter d’Europa, per ora, promette meglio di quella d’Italia: le basta poco per passare il turno, quattro punti ed il gioco è fatto. Ma deve ricominciare a vincere proprio contro il Porto, sennò rischia d’essere smontata pezzo per pezzo e finire in un altro psycodramma. Il Porto non è gran cosa (in campionato ha pareggiato 0-0 contro il Vitoria Setubal). «Ma l’Inter deve ricominciare ad essere una squadra, come eravamo prima della Roma. Nelle ultime partite non lo siamo stati e non deve più accadere. Non dovremo pensare di dimostrare tutto quanto volendo spaccare il mondo. Dobbiamo solo essere concentrati, cercando di vincere e giocare bene». Mancini toglie le parole di bocca a chiunque si sia sorbito le ultime malefatte calcistiche nerazzurre. Stasera riassetterà il centrocampo, chiederà un po’ di vigore a Wome, riporterà in panchina anche Javier Zanetti. Non avrà Cristiano Zanetti, ancora influenzato.
L’Inter ha tutto per vincere nonostante acciacchi e qualche zoppia. «Cordoba e Cambiasso non stanno benissimo. Ma sono persone caratterialmente forti, possono farcela», ha raccontato l’allenatore per far intendere la gente che gli piace. «Avremo undici giocatori che lotteranno». E fra questi ha aggiunto senza dubbio Adriano. Il bomberone-bambinone, secondo ultima ridefinizione di Mihajlovic, pare abbia deciso di dare una calmata alle sue notti in discoteca, attività che da quando è a Milano (fin dai tempi di Ronaldo) lo ha sempre trovato attivamente impegnato. Ma, in altri tempi, la sua vita sul campo non era così grama come quella di oggi. Adriano ha recitato l’ennesimo mea culpa, a cui credono lui e l’Inter più che gli altri, ed ora cercherà di ripagare con gol che servano alla causa. E chissà se qualcuno avrà inteso a chi era diretto una frase proclama di Mancini: «D’ora in poi servono solo fatti, non bastano le parole. Bisogna non perder la testa, essere uniti come sempre, tornare ad essere umili».
Anche ieri l’allenatore ha allungato l’ennesimo buffetto di comprensione al bambinone brasiliano. Parole morbide per far intendere che nessuno gli toglierà lo svago, magari la necessità di farsi consolare per un amore perduto. Basta rispettare le regole. «Adriano non è malato. Sta solo attraversando un momento difficile.
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