Una lunga fuga da un continente all’altro, solo per finire tra le braccia del racket. Sottopagati come forza lavoro, poi imbarcati a peso d’oro su treni e furgoni per viaggi della speranza verso quel resto d’Europa che, però, di loro non vuol sapere nulla. L’ultimo paradosso dell’esodo degli immigrati dalla tendopoli di Manduria è finire in un sistema che li spreme due volte. Prima sfruttandoli nei campi, poi togliendo loro i pochi soldi messi da parte, oltre a quelli risparmiati, con il miraggio di un espatrio verso Nord, Francia e Belgio soprattutto.
Dal loro arrivo in Puglia, i clandestini scappati dal Nord Africa via Lampedusa sono finiti nel mirino dei caporali. Vengono avvicinati appena abbandonano il centro di accoglienza alle porte della città del Primitivo, e portati a lavorare nei campi per cifre ridicole persino per gli irregolari, che non accettano di «fare la giornata» per meno di 35 euro, cifra già comunque inferiore del 30 per cento alla paga di un bracciante «regolare».
Ma i fuggitivi si accontentano di meno della metà. Per dieci euro, quindici al massimo, sudano per dieci ore nelle campagne di Brindisi e Taranto, raccogliendo carciofi e verdure e incassando la paga a fine giornata. Hanno sparigliato le «regole» del mercato nero del lavoro, spinti dalla fame di soldi, per quanto pochi siano, accendendo tensioni e rischiando di innescare una guerra tra sfruttati. Perché quel denaro, poi, serve a finanziare la fuga che continua, puntando a Nord. Ed è qui che i clandestini sbarcati a Lampedusa e volati in Puglia finiscono, ancora una volta, per essere taglieggiati.
Perché se il sogno della Francia è un traguardo da tagliare a ogni costo, di fronte a una simile domanda, il mercato - nero, naturalmente - non poteva che rispondere con un’offerta, disonesta e illegale: un racket dei trasporti per i clandestini che, soprattutto i tunisini, hanno come destinazione finale del loro viaggio della speranza un parente o un amico in territorio transalpino. L’agenzia viaggi della speranza ha tariffe fisse e non certo a buon mercato. Per farsi portare direttamente sul suolo francese tocca sborsare 600-700 euro. E la cifra arriva a sfiorare i mille se la destinazione finale è il Belgio. Qualche volta in contanti, altre con una sorta di «prestito d’onore» che significa ricatto, schiavitù e un futuro senza documenti. I soldi? Ci sono quelli portati da casa e risparmiati dal primo viaggio, quelli strappati con il lavoro dei campi, quelli spediti, per chi ha qualcuno, da qualche parte, che lo aspetta, con i servizi di money transfer internazionale.
L’alternativa per gli immigrati è organizzarsi «in proprio», raggiungendo una stazione (Brindisi, Lecce o Taranto) e saltando di treno in treno, fino a Ventimiglia. L’hanno fatto in centinaia, negli ultimi giorni, ma solo per essere respinti alla frontiera dalla polizia francese, che non fa passare nessuno. Per superare il confine in barba ai controlli, per non unirsi alla folla che aspetta chissà cosa al ponte di San Ludovico, il valico di confine sull’Aurelia dove i clandestini si ammassano, un modo c’è: basta pagare. Con 300 euro l’organizzazione promette di portarti pochi chilometri più in là, a Mentone, ennesima tappa di un viaggio ancora lungo e pieno di incertezze. Il racket della fuga non prevede assicurazioni. Gli imprevisti sono dietro l’angolo, i tempi indefiniti, il punto d’arrivo orientativo, la sicurezza nemmeno un optional. Ma il business del traffico dei clandestini è fiorente, e non ci sono alternative.
Questa è l’altra faccia dell’esodo nordafricano, quella che prende in giro qualsiasi discorso sulla accoglienza e sulla solidarietà. E trasforma il sogno in un incubo. Chi viene qui giocandosi tutto sulla ruota della fortuna rischia, troppo spesso, di non trovare la legge, ma la malacarne del racket.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.