Il manierista «frigido» e dogmatico senza cui non ci sarebbe Caravaggio

Il manierista «frigido» e dogmatico senza cui non ci sarebbe Caravaggio

n una pur ampia proposta di dipinti di grandi e notevoli artisti italiani qualche anno fa, certamente, non sarebbe stato presentato un pittore indiscutibilmente minore come Simone Pertezano. Il suo nome, infatti, a un livello più di materiale di tirocinio che di consonanza estetica e formale, veniva ricordato esclusivamente come quello del maestro del Caravaggio.
La citazione del nome e nulla più, se non forse la riproduzione di un opera di richiamo. Simone Peterzano, milanese, si segnalava inoltre come allievo di Tiziano, con ciò stabilendo un utile collegamento con il grande pittore veneziano e sempre più diminuendo l'autonomo interesse per la sua opera. Ma l'improvvisa e audace rivelazione o proposta di due giovani studiosi, Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, ha prepotentemente riacceso l'attenzione sul pittore bergamasco. E ancora una volta, non per suo merito, bensì per l'ipotesi che il lungo periodo di formazione milanese di Caravaggio sia documentabile attraverso un certo numero di disegni appartenenti al cosiddetto Fondo Peterzano del Museo Civico del Castello Sforzesco. Si tratta di più di milleduecento disegni, in verità discontinuamente studiati, senza che mai si fosse individuata in taluni la mano di Caravaggio.
E invece è un campo di indagine sicuramente interessante, che può far pensare anche alla presenza del giovane Caravaggio nei cicli d'affreschi di Peterzano. Diversamente da altri io sono convinto che l'intuizione e l'approfondimento dell'analisi dei disegni siano apprezzabili e corrette, al di là delle conclusioni. E, d'altra parte alcune evidenze sembrano far riflettere ai due studiosi sulla cronologia di alcune opere certe di Caravaggio con un effetto sicuramente utile. Alcuni confronti, ad esempio, mi paiono convincenti, in particolare quella dell'armato con la lunga barba bianca in relazione alla Conversione di Saulo della collezione Odelaschi. Così, per quanto riguarda la pittura che legittima la «firma» caravaggesca del disegno, si può anche valutare il fondamento di una proposta che io feci circa la prima versione della Conversione di Saulo, tanto manierista rispetto alla definitiva e semplificata di Santa Maria del Popolo. Ciò fa pensare di essere dinnanzi a una delle prime opere dipinte dal Caravaggio appena arrivato a Roma. La concordanza con il disegno giustifica quella data anticipata. Ad ogni modo, la strategia di ricerca della formazione di Caravaggio sui disegni di Peterzano è indubbiamente buona e intelligente.
Per quello che riguarda Simone Peterzano come pittore prescindendo dal suo destino, occorre dire che la sua eleganza formale lo pone tra i manieristi frigidi che hanno accolto la lezione toscana come un dogma. Angelica e Medoro o la Venere e il Satiro sembrano soffocare le calde forme tizianesche nella consistenza di modelli michelangioleschi o di sculture dipinte.

Peterzano ossequia Tiziano, ma compone con la sobrietà di Moretto e, nella Certosa di Garegnano, illustra e racconta, con evidenti richiami alla Sistina, come si vede negli Angeli che portano i simboli della Passione della bellissima cupola, in cui si avvertono echi di Giovanni de Mio, Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Insomma, al Caravaggio toccò un maestro dotto e curioso, che lo indusse piuttosto a studiare e a capire, che a dipingere.

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