Il manifesto degli scienziati contro le terapie «ciarlatane»

Il manifesto degli scienziati contro le terapie «ciarlatane»

Come tanti appelli, la parola d’ordine è «ora basta». E questa volta, «ora basta» ha puntato nel suo obbiettivo la medicina alternativa. La firma è di quattrocento medici, scienziati e ricercatori indignati perché - dicono - si è oltrepassato un limite: in diciannove università australiane ci sono corsi di laurea pubblici, da cui gli studenti escono con tanto di titolo in discipline come omeopatia, riflessologia, naturopatia, chiropratica e iridologia. Forme di cura alternative che, per i firmatari, in realtà sono soltanto «pseudoscienze». Senza diritto a finanziamenti pubblici e senza diritto a una laurea. I «Friends of Science in Medicine», cioè gli «amici della scienza in medicina» (giusto per ribadire) non ne fanno una questione di semplice scetticismo nella pratica quotidiana: chiedono che le facoltà siano chiuse e hanno invitato la Commissione nazionale sull’università ad agire.
«I soldi dei contribuenti non devono essere sprecati in finanziamenti per questi corsi - scrivono - Non devono essere fatte agevolazioni governative e le assicurazioni sanitarie non devono coprire i trattamenti per queste sciocchezze». Le chiamano proprio così: sciocchezze. Anzi insistono definendo questo genere di corsi «una ciarlataneria», dannosa per l’immagine stessa della loro professione: perché in questo modo è «compromessa la medicina basata sull’evidenza scientifica». Un attacco totale, sostenuto anche dall’inventore del vaccino contro il tumore al collo dell’utero Ian Frazer, dal biologo Gustav Nossal e da John Dwyer, consigliere del governo australiano sulle frodi alla salute dei consumatori, che ha rincarato: «È desolante che diciannove università offrano una laurea in una pseudoscienza».
La battaglia è degli scienziati, perché è innanzitutto fra due visioni contrapposte di ciò che sia scienza, e ciò che non abbia diritto a nominarsi tale. Ed è un conflitto che si combatte da secoli, per esempio oggi il creazionismo è considerato una pseudoscienza, ma per secoli, prima di Darwin, era la verità assoluta; e sulle definizioni (in questo caso quella di «metodo scientifico») ci si scontra millimetro su millimetro come lungo le trincee della prima guerra mondiale, quindi l’opposizione è totale, mentre la linea di confine, nella pratica, è ovviamente molto più sottile. Perché la medicina alternativa è un terreno di scontro molto quotidiano: mamme che credono nell’omeopatia, e la scelgono come cura per i figli, contro pediatri che storcono il naso, o padri che tentano vanamente di opporsi; amiche che litigano su quale rimedio sia meglio, sentendosi di volta in volta molto degeneri, o molto all’avanguardia; madri che poi si pentono, perché i figli passano tutto l’inverno col raffreddore (succede ogni anno, e con qualunque tentativo, ma il senso di colpa prevale sempre sulla logica). Nel nostro paese, per esempio, le appassionate di omeopatia sono soprattutto donne, istruite, con reddito medio-alto e del Nord. Sarebbero loro le avversarie numero uno degli scienziati firmatari, insomma.
Ma il punto su cui insistono i «Friends of Science in medicine» non è tanto la scelta della cura per la propria salute, quanto i finanziamenti governativi e le assicurazioni (un tema molto dibattuto, in Francia e in Gran Bretagna, è l’opportunità di rimborsi sanitari per chi non ricorra a metodi tradizionali): le discipline che finiscono sotto l’ombrello del «pubblico» acquisiscono un’aura di ufficialità che, per gli scienziati, non è giustificabile. Nelle loro parole, così «si dà una credibilità immeritata a quello che in molti casi sarebbe meglio descritto come ciarlataneria».

La replica della National Herbalists Association australiana è che, per mostrare il loro valore di scienze, le medicine alternative devono fare ricerca, ma per farlo serve appunto l’università. Un discorso che forse anche gli scienziati possono condividere, ma a una condizione: che la ricerca non sia fatta a spese dei contribuenti.

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