da Phoenix (Arizona)
Il pupo e il secchione adesso sono pari. Il secchione Peyton Manning era arrivato prima, con Indianapolis, e del resto non poteva che essere così perché ha quasi cinque anni di più, ma il pupo Eli, 27enne quarterback dei New York Giants, ci ha messo di meno, in confronto: quattro stagioni da giocatore Nfl, contro le nove del fratello, per arrivare a vincere un Super Bowl, 17-14 contro i New England Patriots domenica sera in una delle più belle partite della storia, con l'aggiunta del trofeo di Mvp, miglior giocatore, e in premio anche una vettura Cadillac a scelta.
Eli, da bravo ragazzo, ha voluto la versione ibrido-ecologica della Escalade, grande come un monolocale, già la terza Cadillac che l'azienda automobilistica di Detroit regala agli esponenti di quella che è ora la famiglia più famosa d'America: padre Archie quarterback per 14 anni nella Nfl, anche se con modesto successo perché gli toccarono sempre squadre scarse che lui non riusciva a migliorare, e i due figli, cui va aggiunto il più vecchio, Cooper, che ha 33 anni ed ha dovuto smettere di giocare già all'università, Mississippi, per una stenosi spinale. In più la mamma dei tre, Olivia, che aveva conosciuto e sposato Archie quando entrambi erano a studiare a Mississippi, lui classica figura di quarterback cui cadono tutte ai piedi, lei non solo cheerleader ma anche homecoming queen, che è una sorta di miss eletta ogni anno alla partita in cui si invitano gli ex studenti a «tornare a casa» per un giorno.
Al New York Times, con una strizzata d'occhi, Archie ha confessato «ho sempre saputo che mia moglie aveva classe e molta più cultura di me», e le circostanze della vita hanno portato Eli a trascorrere molto più tempo con la madre che con il padre, che oltretutto, al contrario dei fratelli, non ricordava come giocatore, visto che aveva smesso nel 1984 quando il figlio aveva tre anni. Con Peyton e Cooper al college ed Archie spesso in giro a tenere discorsi, dal 1994, Eli rimase in casa quasi come figlio unico e divenne ancor più il cocco di mamma, che lo aveva aiutato a superare grosse difficoltà iniziali a leggere, quasi un paradosso per chi poi, da quarterback, avrebbe imparato molto bene, come si dice in gergo, a «leggere» le difese, ovvero interpretare le loro tattiche e reagire. Una specialità di Peyton, che non è secchione per nulla: pare che sappia a memoria il college dal quale provengono tutti i giocatori della Nfl, e siamo oltre i 1500 (mah!), tra l'altro con utilità pratica prossima allo zero se non per qualche battutina di spirito, e la sua dedizione allo studio è ormai leggendaria, mentre Eli non è mai stato da meno, ma lo ha fatto con minore ossessività, senza la frenesia di sapere tutto e imparare tutto che avevano tutti gli altri della famiglia.
È anche per questo che il suo modo di fare riservato e rilassato come vuole lo stereotipo di ragazzo di un sud che deborda anche dal suo forte accento della zona non aveva convinto tutti: al college, ovviamente Mississippi (Peyton però aveva scelto Tennessee), era andato molto bene e i New York Giants per averlo nel draft 2004 avevano operato una rischiosa operazione di mercato. Eli ci ha messo molto per crescere, anche perché - come ha detto il suo compagno di squadra, Michael Strahan -, «è sotto pressione più di chiunque altro nella Nfl, per tre motivi: è stato la prima scelta del draft, gioca a New York ed è fratello di Peyton». Ancora fino a poche settimane fa c'erano dubbi sulla sua capacità di poter guidare una squadra a grandi traguardi, ma nei playoff è stato eccellente e domenica, contro i Patriots, ha mostrato la calma dei grandi nel portare i Giants al touchdown decisivo proprio a 35 secondi dalla fine.
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