Mannoia: «Con Veloso e Buarque sarò ambasciatrice del Brasile»

Dal 20 gennaio tour teatrale. «Sanremo? È fuori dal tempo. Non c’entra più con la musica»

Antonio Lodetti

da Milano

I duetti sono ormai una specie di lasciapassare per vendere dischi. Ci sono quelli celebrativi come la superospitata di Tony Bennett per i suoi 80 anni in... Ci sono quelli nostalgici come ... con le star del rock a puntellare l’ex re Jerry Lee Lewis e ci sono quelli che entrano nel cuore di una cultura lontana per scoprirne le pieghe nascoste, i segreti, la poesia. A quest’ultima categoria si iscrivono d’ufficio le tredici opalescenti canzoni di Onda tropicale, il nuovo intenso cd di Fiorella Mannoia. Un omaggio al Brasile con un’esemplare - seppur personalizzata - rilettura di classici (spesso anche tradotti in italiano)carioca. È una full immersion nella cultura sudamericana con l’assistenza di Milton Nascimento (l’anima gospel di Canzoni e momenti), di Caetano Veloso (l’inquieto respiro di 13 di maggio, il giorno in cui la principessa Isabella sancì la fine della schiavitù), di Chico Buarque (l’intimismo di Dois irmaos), di Gilberto Gil (la grazia jazzata di Un grande abbraccio) e poi ancora eleganti bozzetti condivisi con Djavan, Carlinhos Brown, Lenine, Jorge Benjor, Adriana Calcanhotto. Con la sua voce elastica, fatta ora di pieghe metalliche ora di ombre vellutate, Fiorella Mannoia evoca e fa suo un fertile mondo poetico di cui è da sempre innamorata (le passate collaborazioni con Veloso e Buarque) e che oggi diventa il riflesso vocale della sua arte. Non solo un disco, un «progetto» che porterà in una lunghissima tournée - in partenza il 20 gennaio dal Ponchielli di Cremona - «sperando, in alcune date, di ospitare sul palco alcuni di questi grandi interpreti della cultura brasiliana. Ci saranno tante sorprese».
Come nasce il disco?
«L’idea è nata tre anni fa. Da sempre amo i suoni brasiliani ed il mio vuol essere un omaggio sincero a questa musica. Voglio essere ambasciatore di un mondo che pochi conoscono in profondità. Nell’immaginario collettivo la gente associa le canzoni brasiliane con il Carnevale o con la ballata triste, ma in mezzo ci sono milioni di sfumature».
Cosa la attira di più della musica brasiliana?
«Ha il segreto della leggerezza e della semplicità e al tempo stesso è misteriosa. È come il blues, nasce dalla povertà e dalla disuguaglianza sociale ma comunica serenità, accettazione della realtà, serenità, sentimenti positivi».
Come ha scelto i brani?
«Quelli che più si adattavano alle mie capacità vocali ma anche quelli che si prestavano ad una miglior traduzione in italiano. Alcuni pezzi hanno riferimenti a luoghi e realtà impossibili da trasporre nella nostra lingua. Poi artisti come Veloso hanno un linguaggio talmente colto che tradurlo sarebbe un tradimento».
Come ha fatto a radunare così tanti artisti importanti?
«È nato tutto spontaneamente, una escalation di partecipazioni. Naturalmente Veloso e Buarque hanno fatto da volano. Succede così anche in Italia, se Fossati o De Gregori partecipano ad un disco è più facile contattare altri personaggi».
Veloso ora ha fatto un disco di rock?
«Sì, un rock strano e cervellotico. Credo che ad una certa età i grandi artisti sentano l’esigenza di misurarsi con qualcosa di nuovo per non farsi ingabbiare nella noia o nella consuetudine. Così ha fatto Springsteen che si è dato al country e Sting alla musica per liuto».
Quindi anche lei ha dato una svolta.
«Beh, sono innamorata di questo album. Di solito non riascolto mai i miei dischi, questo invece ho voglia di risentirlo. Comunque per me è un rischio; chi è abituato al mio stile potrebbe rimanere deluso, anche se il mio è un pubblico amante della canzone d’autore».
Ora la aspetta una lunga tournée brasileira.
«Già l’ultimo tour era molto influenzato dai ritmi sudamericani.

Ora eseguiremo il nuovo disco e, per non correre il rischio di proporre due show diversi, sto scegliendo i brani del mio repertorio più adatti alle atmosfere latine».
Un tour impegnativo proprio durante la kermesse di Sanremo.
«Ormai Sanremo è fuori dal tempo; per portare la buona musica in tv non è per niente necessario il festival, anzi».

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