Politica

Manovra, Berlusconi blinda le misure anti crisi

Dopo il faccia a faccia con Tremonti il premier decide di blindare le misure anti crisi per costringere i ribelli a uscire allo scoperto. E risolto il caso Brancher, Berlusconi studia tutti i dossier sul tavolo per "chiudere questa farsa". Gianfranco si dà alla guerriglia: "Ma non facciamoci cacciare". I finiani minacciano Silvio: "Senza di noi impallinato". Intanto con gli industriali è pace fatta. La Marcegaglia: "Accolte le nostre richieste"

Manovra, Berlusconi blinda le misure anti crisi

Roma - Fosse stato per lui si sarebbe concesso due giorni di completo relax ad Antigua, invece - appena rientrato dal tour de force tra Canada, Brasile e Panama - s’è dovuto accontentare di una passeggiata notturna per Campo de’ Fiori e piazza Navona con puntatina finale al Kura Kura, locale trendissimo nel verde di Villa Borghese. L’ultima boccata d’aria prima di buttarsi a capofitto nelle beghe interne alla maggioranza, questioni che lo appassionano qualcosa meno di zero. Così, dopo aver risolto il caso Brancher, ieri Berlusconi ha dedicato la giornata alla manovra, chiudendo di fatto uno dei fronti più delicati visto che ad alzare barricate non c’erano solo i finiani (piuttosto agguerriti soprattutto al Senato) ma anche i governatori del centrodestra. Già, perché se la decisione di mettere la fiducia sulle misure anti crisi è di per sé quasi una non notizia, il fatto che la circostanza venga messa nero su bianco da un comunicato di Palazzo Chigi gli dà tutta un’altra veste.

Dopo un lungo pomeriggio ad Arcore con Tremonti - e più di un ritocco che il premier avrebbe imposto al ministro dell’Economia - la decisione di formalizzare la fiducia è infatti un modo per chiudere la porta alle aspirazioni di chi avrebbe voluto usare il dibattito in Parlamento per eventuali conte interne. È uno stop a Fini e ai finiani, dunque. Ma pure alla pattuglia dei presidenti di Regione del centrodestra - Formigoni in testa - che, diceva Berlusconi in privato qualche giorno fa, «avranno pure qualche ragione ma si stanno comportando da irresponsabili». E se è vero che per rimettere mano al provvedimento il Cavaliere non si è avvalso solo del lungo giro di telefonate di ieri pomeriggio (dalla presidente di Confindustria Marcegaglia fino ai segretari di Cisl e Uil Angeletti e Bonanni) ma anche dei consigli del ministro Brunetta - non proprio amatissimo a Via XX settembre - è chiaro che la fiducia diventa una sorta di frenata anche nei confronti di Tremonti. Il faccia a faccia di ieri, infatti, pare non sia stato propriamente un tè tra vecchi amici, anche se questo lo si potrà capire davvero solo quando saranno note le modifiche.

Di certo, c’è che da quando è rientrato dalla lunga trasferta all’estero Berlusconi non ha mollato un attimo i vari dossier sulla scrivania. Con l’obiettivo, dichiarato più volte in privato negli ultimi giorni, di «disinnescare» i nodi sul tavolo per poi «chiudere questa farsa con Fini». Archiviato il caso Brancher, dunque, ieri ha deciso di mettere fine al «balletto» sulla manovra. Con una postilla non da poco, visto che l’iter inizierà in settimana proprio dal Senato, dove sui temi economici il fronte finiano è in prima linea. Il presidente della commissione Finanze Baldassarri, insomma, dopo aver presentato una vera e propria contro-manovra si troverà ora nella scomoda posizione di votare la fiducia oppure mettersi formalmente contro il governo e, di fatto, fuori dal partito.

E qui sta il punto, perché il Cavaliere è sempre più deciso ad arrivare al redde rationem con Fini. Non prima, però, di aver «disinnescato» anche il ddl sulle intercettazioni. Letta, infatti, è da giorni al lavoro con il Quirinale per cercare un equilibrio in modo da togliere argomenti alla fronda finiana. E le modifiche - questa sarà la posizione del Pdl - saranno quelle chieste dal Colle, non certo quelle proposte da Fini.

Questione di giorni, dunque, e il lungo braccio di ferro tra premier e presidente della Camera da qualche parte dovrebbe portare. Il livello, infatti, è ormai sopra la soglia di guardia, tanto che ieri durante un dibattito su RepubblicaTv Bocchino e Napoli non se le sono mandate a dire. Con il secondo che ha invitato il primo a «non dare lezioni di democrazia e legalità» che «da un post fascista stonano un po’». Prossimo appuntamento domani mattina, quando a Palazzo Grazioli si riuniranno i vertici del Pdl (coordinatori, capigruppo e vice).

Si parlerà della manovra e del ddl intercettazioni, ma non è escluso che possa essere affrontato nel dettaglio anche il capitolo Fini.

Commenti