«Manovra ok: l’articolo 8 è decisivo»

nostro inviato a Francoforte

«L’impegno per l’Italia lo abbiamo ripetuto centomila volte. La mossa che è stata fatta dal ministro Sacconi con l’articolo 8 è importantissima; e comincerà a dare non solo alla Fiat, ma a tutti quelli che vogliono investire nel Paese, le certezze necessarie». Zainetto in spalla e pullover nero d’ordinanza, Sergio Marchionne si è presentato di buon’ora sugli stand del gruppo Fiat al Salone dell’auto di Francoforte. L’amministratore delegato del Lingotto, che domani illustrerà alla cancelliera Angela Merkel le novità italiane esposte in fiera, ha plaudito al provvedimento sul lavoro inserito nella manovra («risolve tantissimi problemi; abbiamo la certezza di poter gestire, che era la cosa importante per noi») e ha lanciato un messaggio alle critiche provenienti dai sindacati: «Cerchiamo di non trovare il pelo nell’uovo. Non voglio parlare di gente che si arrabbia».
E a proposito di critiche, ma questa volta nei suoi confronti, Marchionne ha anche risposto a chi lo ha accusato di non pagare le tasse in Italia: «Io le tasse le pago - ha affermato al Giornale -: verso più del 30% su quello che guadagno. Ma dove ho la residenza sono affari miei, sono scelte personali. Abito in Svizzera da 20 anni, e ora perché sono alla Fiat mi dovrei spostare? Che cosa centra la mia vita con i problemi dell’Italia? È una cosa assolutamente incivile, che non succede da alcuna parte». Da sciogliere definitivamente, intanto, è ancora il nodo Confindustria. Fiat ne uscirà o ci sono ripensamenti? «L’uscita da Confindustria l’abbiamo già annunciata. Stiamo valutando. Ripeto, ci ha aiutato molto la mossa del ministro Sacconi».
Marchionne, in queste ore, prepara anche il terreno in vista del faccia a faccia di domani con la Merkel. Auto italiane a parte, al centro del breve incontro, al quale parteciperaà anche il presidente John Elkann, ci saranno i problemi dell’euro e i rapporti Italia-Germania: «Euro a rischio? Credo - osserva l’ad - che se facciamo delle mosse sbagliate, il sistema vada fuori binario». E la notizia, pubblicata ieri dal Financial Times di contatti tra i governi italiano e cinese per l’acquisto di titoli di Stato di Roma da parte di Pechino? «Se da un lato l’assorbimento di parte del debito italiano sarebbe un segnale di fiducia, dall’altro il fatto che siamo dovuti andare là, di per sé non è un buon segno. Mi dispiace che l’Italia venga considerata la grande malata d’Europa: non ce lo meritiamo e non so quanto la gente se ne renda conto. Il problema è grande».
Marchionne devia quindi sulle questioni legate all’auto e al consolidamento del rapporto con Chrysler. E in proposito lancia l’ennesima frecciata: «Sapete perché Chrysler va meglio di Fiat? Perché l’Amministrazione degli Stati Uniti ha fatto di più per stimolare l'economia». La Borsa, intanto, ieri ha dato un po’ di ossigeno al titolo torinese, cresciuto dell’1,11% a 3,63 euro. Un risultato che Marchionne commenta lasciando intendere di non essere preoccupato: «Questo - dice - non è il momento di scalate, ma della serietà; la gente deve fare il proprio mestiere e lo deve fare bene. Ci interessano le realtà industriali. Noi abbiamo di sicuro lo sconto italiano sul titolo, ma la batosta l’hanno presa tutti. La mancanza di fatti crea incertezza. E questo pesa su tutte le aziende che hanno un collegamento con il Paese». Le vendita di auto, mercato americano a parte, nel frattempo languono. Fiat e Chrysler, comunque, mantengono l’obiettivo di produrre 6 milioni di vetture entro il 2014, nonostante l'incertezza finanziaria globale. «Dico solo - precisa l’ad - che l’Italia ha perso 30 anni di crescita, dobbiamo stare veramente attenti, fare le persone serie e cercare di risanare il Paese. Troppi litigi e casini in giro non aiutano, né l’Italia né l’Europa».
Marchionne non ha mancato di provocare gli «amici-nemici» del gruppo Volkswagen: «Fanno auto anche loro? I tedeschi stanno tentando di imitarci in modo molto goffo. Manca solo che comincino a investire un po’ di soldi per entrare in Formula 1».

Spese parole positive su Suzuki, nella bufera proprio con Volkswagen («con loro lavoriamo bene, pronti a continuare la collaborazione») e lieto di accogliere eventuali investitori cinesi, il top manager ha chiuso la porta a una possibile city-car per Mirafiori: «Mai parlato, la mia risposta è no. Sui modelli da produrre a Torino ci sarà una decisione a breve». Infine, il caso Irisbus e la chiusura della fabbrica avellinese (Dr Auto si è tirata fuori): «Irisbus non ha niente da produrre, non ci sono ordini».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica