Roma - Il tempo stringe e l’opposizione si muove ancora in ordine sparso. La manovra finanziaria approda oggi al Senato dove il presidente Renato Schifani ha convocato l’assemblea per la presentazione del ddl di conversione del decreto sulla manovra economica. Successivamente, il provvedimento passerà alle commissioni Affari costituzionali e Bilancio che inizieranno l’esame del ddl a partire da lunedì prossimo. Un iter rapido che metterà il Terzo Polo e il centrosinistra davanti alla necessità di compiere delle scelte. Alla luce dei primi segnali arrivati nel weekend ferragostano difficilmente la polifonia delle differenti posizioni si potrà trasformare in una strategia unitaria ed esprimersi con una sola voce. Troppo distanti le posizioni dei vari partiti, troppo divergenti gli obiettivi politici perseguiti.
L’uomo sul quale si appunta l’attenzione in queste ore è Pier Ferdinando Casini. Il leader dell’Udc pretende modifiche, contesta i sacrifici imposti alle famiglie del ceto medio-alto, parla di «immeritata stangata». Ma non esclude affatto di poter collaborare, qualora i suoi suggerimenti venissero accolti. Quali? Un intervento sull’età pensionabile e, soprattutto, la rimodulazione del contributo di solidarietà per le famiglie in base al numero dei figli (più difficile che si possano trovare punti di convergenza sull’inasprimento dell’Iva). Modifiche che potrebbero portare a una astensione dell’Udc e sulle quali dalla maggioranza - come testimoniano le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, Maurizio Lupi, Fabrizio Cicchitto e Anna Maria Bernini - arrivano segnali di disponibilità. Così come non si esclude un dialogo diretto tra Casini e Angelino Alfano nei prossimi giorni per tessere davvero la trama del dialogo.
Chi sembra pronto ad accomodarsi sulle barricate è il Partito Democratico. Pier Luigi Bersani si attesta su proposte facili e demagogiche - «bisogna far pagare gli evasori e chi non ha ancora mai pagato nè fatto sacrifici» - e rilancia la palla nel campo avversario. A Via del Nazareno vengono messe nel mirino soprattutto le norme sulla regolazione del mercato del lavoro e sulle relazioni industriali - «un ulteriore colpo ai diritti dei lavoratori» - ma anche i tagli agli enti locali da un lato e «la cancellazione brutale dei Comuni sotto i mille abitanti» dall’altro, misure che «richiedono una profonda modifica parlamentare». Nel dibattito potrebbe essere lanciata anche la proposta di una tassa una tantum per far pagare il 20% ai capitali rientrati dall’estero, da cui il segretario Pd stima di «ricavare non meno di 15 miliardi da destinare alla crescita». L’Italia dei Valori, a sua volta, prova a smarcarsi e muovendosi su un filo sottile, oscilla tra tentazioni polemiche e richiami alla responsabilità. «Non possiamo fare sempre come l’asino di Buridano che continuando a dire sempre di no alla fine morì di fame» sostiene Antonio Di Pietro che nei giorni scorsi aveva chiesto anche un patto comune con Pd e Udc sulle proposte emendative della manovra. Un progetto che, allo stato dell’arte e dei rapporti interni all’opposizione, non appare molto percorribile. Per il momento l’ex pm lancia la sua offensiva contro «l’esercito degli evasori». «È vero che tutti i cittadini devono dare il proprio contributo per superare la crisi ma occorre che lo facciano in base a ciò che posseggono.
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