Manovra pesante o leggera La sinistra non sa decidere

Unione divisa sulla Finanziaria da 35 miliardi annunciata da Padoa-Schioppa. Favorevoli Ds e dipietristi, mentre l’ala radicale chiede di spalmare la cifra in due anni

Gian Battista Bozzo

da Roma

Spalmare o non spalmare? Questo il dilemma del centrosinistra alle prese con la prossima legge Finanziaria. C’è chi, come l’ala sinistra della maggioranza, preme per suddividere in due anni i 35 miliardi della manovra annunciata da Tommaso Padoa-Schioppa. C’è chi, come i Ds (vedi Pierluigi Bersani al meeting Cl) e Antonio Di Pietro, si fanno paladini del rigore e delle riforme. C’è infine chi, come l’inedito asse Cento-Mastella, dice: trattiamo con l’Europa, la ricontrattazione degli obiettivi di disavanzo «non è un tabù».
Su quella che molti già definiscono la Finanziaria nutella, il dibattito all’interno della maggioranza è apertissimo. «Non vorrei che questa storia dello spalmare o no diventi il nuovo tormentone di fine agosto» commenta il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti. «Bisogna trovare il punto d’equilibrio fra risanamento ed equità». È tuttavia evidente a tutti che una manovra da 35 miliardi (poco meno di 70mila miliardi di vecchie lire) non passa sul Paese senza lasciare traccia sulla spesa pubblica, in particolare su quella che riguarda pensioni, sanità, pubblico impiego. Il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero, esponente di Rifondazione comunista, è uscito per primo allo scoperto: al grido di «nessuno tocchi le pensioni», ha messo sul tavolo la questione dello spacchettamento in due anni della manovra, trovando numerosi alleati. Anche nel sindacato. Il numero due della Cisl Pier Paolo Baretta trova «ragionevole» spalmare i 35 miliardi anche sul 2008. Dello stesso avviso la segretaria dell’Ugl, Renata Polverini.
Il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio va anche più in là della «spalmatura». Sostiene infatti che, alla luce del miglioramento delle entrate tributarie, «occorre riaprire il dibattito sull’entità complessiva della manovra». Allo stesso tempo, aggiunge, bisogna ridiscutere le scadenze con l’Unione europea, per ottenere più tempo. Trattativa suggerita anche da Clemente Mastella: «Prodi - dice il ministro Guardasigilli - farebbe bene ad andare a Bruxelles per trattare il rientro dell’Italia nei parametri di Maastricht con un po’ di filosofia mediterranea». Suggerisce anche di concordare in anticipo con la maggioranza i contenuti della finanziaria «per evitare malumori parlamentari», dove i margini di modifica sono esigui (come i voti). «Bravo Mastella», commenta il presidente dei deputati di Rifondazione, Gennaro Migliore, che invita il governo a pensare al rilancio dello sviluppo e non ad innalzare l’età pensionabile. «Niente tagli», attacca a sua volta il capogruppo dei comunisti alla Camera, Pino Sgobio.
Insomma il partito della spalmatura e della trattativa con Bruxelles è trasversale nella maggioranza. Un partito a cui sembra guardare con attenzione anche la Margherita, almeno a sentire Francesco Rutelli (che frena gli impeti fiscali di Visco) ed il ministro della Pubblica istruzione Beppe Fioroni: «La Scuola non si può consentire altri tagli, e Padoa-Schioppa lo sa bene», avverte. Sul fronte del rigore si ritaglia un posto di prima fila Antonio Di Pietro: la Finanziaria da 35 miliardi si deve attuare in un anno, spiega, perché «quando il malato è grave, la medicina non si può somministrare in due tranche».

E il radicale Daniele Capezzone si augura che il governo eviti «annacquamenti, dilazioni e diluizioni». Occorre restare alle linee del Dpef ed alle indicazioni date da Padoa-Schioppa, conclude il sottosegretario all’Economia (Ds) Mario Lettieri. Ma la tentazione della «nutella» resta forte.

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