Marchiondi, un dormitorio delle Belle Arti

Marchiondi, un dormitorio delle Belle Arti

«Entra, ti faccio vedere la mia casa». Bouassa il marocchino è arrivato in Italia due anni fa. Da Agadir a Milano, un viaggio di tre giorni nel doppio fondo di un camion. La sua casa, oggi, è un edificio storico, con tanto di vincolo delle Belle arti. Bouassa non ci crede, nonostante quella targa: «Istituto Marchiondi, esempio di architettura brutalista realizzato da Vittoriano Viganò, anno 1953». «Un monumento questo? Guarda lì», dice indicando uno di quei cartelli da edificio pericolante: «Attenzione, limite di sicurezza». Eppure, «qui dentro ora ci viviamo in sei».
Via Noale, quartiere Olmi, Baggio. Apre i cancelli il «condominio Marchiondi». Un edificio di 12mila metri quadri di cemento armato, vetri e ferro. Una costruzione a quattro livelli più uno interrato, accanto a un enorme casamento reticolare a un piano: foresteria, aule, uffici, servizi che sono stati la casa di accoglienza dell’Opera Pia Istituti riuniti Marchiondi, quindi - dalla fine degli anni Settanta - centro di formazione professionale, infine - dal 1997 - proprietà del Comune. Poi il buio. Nessun progetto, nessuna riqualifica. E oggi l’edificio è una «cattedrale» in disfacimento, monumentale esempio di abbandono e degrado, rifugio di senzatetto e passatempo per vandali.
«È un piccolo gioiello abbandonato». Rosario Pantaleo, consigliere della Margherita a Palazzo Marino, a Baggio è nato e ci vive. «Sono anni che chiediamo al Comune di intervenire, magari anche con fondi propri. O lo abbatte, o lo usa per un fine sociale e abitativo». Ancora, «il tempo si sta mangiando la struttura, c’è bisogno di scelte politiche, di un progetto che riqualifichi il Marchiondi come centro di aggregazione. Il quartiere ne ha bisogno».
Promette interventi il neo assessore al Demanio Diego Sanavio. «Stiamo cercando di modificare il bando in modo tale da rendere il Marchiondi appetibile. Ci sono stati diversi contatti con una scuola internazionale e altri istituti che sembrano interessati a gestirlo. Ora si tratta di calcolare i costi della ristrutturazione, e fissare il prezzo della concessione che, in linea di massima, dovrebbe essere di cinquant’anni». E comunque «ne riparliamo a settembre».
Nel frattempo, questo è il risultato: frantumati i vetri, eroso il cemento, arrugginito il metallo. Dentro, un labirinto di corridoi alti non più di due metri, scarpe, abiti, stracci, bottiglie e lattine, sigarette. I bagni - o quel che ne resta - sono muffa e piastrelle spaccate, lavandini divelti, tubazioni sradicate, odori e topi. Accanto, in una stanza quattro metri per tre, due materassi con lenzuola. «Ci dormono due ucraini, marito e moglie», dice Bouassa. «Al seminterrato ci sono due albanesi», più avanti «quattro romeni, che da un po’ non si vedono», al terzo piano altri due letti «per altri due marocchini».
Come tanti fantasmi, il «condominio Marchiondi» è così vuoto che i passi rimbombano. «Di giorno non c’è quasi mai nessuno. Usciamo presto per cercare un lavoro, anche se adesso che è agosto è dura. Torniamo qui la sera, e allora capita di incontrarsi, ma ognuno fa la sua vita. Il posto è così grande che passano anche giorni prima di incrociare qualcuno».
Sale una scala a chiocciola, fino all’ultimo piano. La «casa» del marocchino è dietro una porta chiusa con catenella e lucchetto «perché non si sa mai». Due letti - «uno è di Hamed, che vive con me» -, una bacinella per l’acqua con cui lavarsi, una bottiglia di alcol per cucinare, una candela per la luce, i resti del pranzo. «In due anni ho visto molte persone passare di qua», dice Bouassa. «Albanesi, romeni, nordafricani. Certi ci nascondono le cose che hanno rubato, altri cercano solo un posto dove dormire. Restano finché qualcuno non protesta, e allora arrivano i carabinieri e li mandano via.

A volte gira brutta gente, qualche mese fa degli albanesi ci hanno portato le prostitute, ogni sera c’era qualcuno che si ubriacava e spesso la notte finiva con una rissa. Stare qui è meglio che stare in strada, ma comunque è bene non fidarsi». Per questo, Bouassa si raccomanda con Hamed. «Quando esci, chiudi col lucchetto». Cambio della guardia al «condominio Marchiondi».

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