Marchionne già concentrato sugli Usa per sciogliere gli ultimi nodi di Chrysler

Sergio Marchionne trascorrerà a Detroit anche il ponte del 2 giugno. E all’insegna del motto «la vita va avanti anche senza Opel», coniato pochi minuti dopo la conferma che la casa automobilistica tedesca sarebbe stata assegnata alla cordata Magna-Sberbank-Gaz, l’attenzione dell’ad di Fiat è ora tutta per Chrysler. Domani il giudice Arthur Gonzalez, che segue la procedura fallimentare del gruppo di Auburn Hills, dovrà dare la sua benedizione all’alleanza italo-americana con l’ok alla cessione degli asset della società Usa a Fiat. A ostacolare l’operazione, però, sono ancora i creditori di Chrysler, alcuni fornitori e fondi pensioni, nonché i 789 concessionari americani a cui è stato dato il benservito. Queste resistenze, tuttavia, non dovrebbero impedire al giudice della Corte fallimentare di Manhattan di esprimere parere favorevole e, quindi, accelerare l’uscita della nuova Chrysler dalla bancarotta. I tempi indicati sono nell’ordine di qualche settimana. Marchionne si è augurato che l’accordo si chiuda entro domani. Fiat, nei documenti depositati in tribunale, ha già espresso preoccupazione per il deterioramento del valore degli asset di Chrysler: ogni eventuale ritardo nella vendita - hanno sottolineato i legali del gruppo - potrebbe rivelarsi fatale per il rilancio della casa automobilistica.
Marchionne, che sarà il ceo della società, freme e non vede l’ora di far ripartire il gruppo grazie a una terapia simile a quella che ha guarito il Lingotto. Con l’operazione Chrysler, Fiat avrà al suo attivo, alla luce dei dati 2008, circa 4,7 milioni di vetture, di cui 2 milioni di matrice Usa. Un volume produttivo di tutto rispetto, anche se lontano dall’obiettivo vitale di 6 milioni fissato dallo stesso Marchionne. Se fosse andata in porto la fusione con Opel, a presentarsi sul mercato sarebbe stata una SuperFiat da quasi 7 milioni di veicoli.
Il top manager ha deciso di dedicare il fine settimana alla messa a punto degli ultimi dettagli legati all’avvio operativo della nuova Chrysler. Definito il consiglio di amministrazione, con l’inserimento del «delfino» Alfredo Altavilla e di Lucio Noto, ex vicepresidente di Exxon Mobil, mentre alla presidenza è stato designato Bob Kidder, ex numero uno di Borden Chemical e Duracell, ed ex consulente di Ford, resta da sistemare la componente operativa. Ad affiancare sotto questo aspetto Marchionne, il quale dovrà dividersi tra Detroit, Torino e tutti gli altri impegni, potrebbe essere una sorta di direttore generale. Ecco allora spuntare tre nomi: Jim Press, presidente uscente di Chrysler, conosciuto negli Usa come il «guru» delle vendite (a lui Toyota deve il suo exploit negli Stati Uniti); Alfredo Altavilla (potrebbe, in questo caso, passare a un collega il testimone di Fiat Powertrain Technologies); Harald Wester, l’ingegnere capo del Lingotto, responsabile dello sviluppo dei prodotti e anche amministratore delegato di Maserati (per il tedesco varrebbe lo stesso discorso di Altavilla: un cappello in più, e di quel peso, sarebbe difficile da portare).
Press, se rimarrà nella squadra (in una recente intervista si è detto entusiasta dell’arrivo di Fiat) dovrà comunque rivedere, vista la situazione, il suo compenso. A suo tempo, infatti, per strapparlo a Toyota Nord America, Bob Nardelli, l’ad di Chrysler che si è dimesso nelle scorse settimane, gli aveva fatto ponti d’oro. In questi giorni l’ad di Fiat starà anche meditando sui rapporti con la Casa Bianca che gli hanno aperto la strada per la conquista di Chrysler.

Diverso, invece, il discorso per Opel visto che, come ammesso dal cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente Barack Obama ha contribuito a favorire l’intesa con i rivali di Fiat. Per Obama, dunque, che la prossima settimana sarà proprio in Germania, il classico colpo al cerchio e alla botte.

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