Marchionne parte per la guerra su Opel

Si apre la trattativa: l’ad domani in Germania per incontrare i ministri di Esteri, Economia e i sindacati. Le forze politiche (e la Volkswagen) preferiscono gli austriaci di Magna. Ma Fiat offre più garanzie. Montezemolo: partner ideale. Il ministro Guttenberg: "Serve un piano a lungo termine"

Marchionne parte per la guerra su Opel

Ci sarebbe anche il potente Ferdinand Piëch, presidente del consiglio di sorveglianza del gruppo Volkswagen, tra le menti occulte delle trame tedesche ostili all’ingresso di Fiat nel capitale di Opel. La spiegazione è semplice: un rafforzamento del marchio di Russelsheim, attraverso le tecnologie e la creatività di Torino, con il conseguente maggior peso dell’industria italiana in Germania, è visto come fumo negli occhi a Wolfsburg. Da qui una serie di pressioni verso il governo e il sindacato perché respingano l’attacco che Sergio Marchionne ha sferrato su Opel. Ottenuto da Washington l’ok a procedere con Chrysler, da oggi l’amministratore delegato del Lingotto si concentrerà a tempo pieno su Opel, con il chiaro intento di aggiudicarsi il braccio di ferro. Anche ieri il sindacato Ig Metall, ribadendo il «no» all’operazione, ha affermato che «l’ingresso di Fiat in Opel equivarrebbe a dire addio agli impianti di Bochum e di Eisenach», dove lavorano 7mila persone
La vera battaglia, comunque, comincerà domani quando Marchionne, accompagnato da Alfredo Altavilla, responsabile del sistema di alleanze internazionali del gruppo torinese, sbarcherà a Berlino per incontrare le parti in causa. L’agenda degli incontri è fitta: il ministro dell’Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg; il responsabile degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier; e Klaus Franz, capo del consiglio di fabbrica di Opel.
Spd e sindacati sembrano infatti preferire attualmente l’offerta del gruppo austro-canadese Magna, che secondo il settimanale Wirtschaftswoche ha offerto 5 miliardi per acquisire la casa automobilistica, mentre il Lingotto - sempre per il magazine - non sarebbe disposto a sborsare più di un miliardo, ignorando completamente il fatto che Marchionne, in più occasioni, ha ripetuto che operazioni del genere devono essere per Torino senza esborsi: sul piatto della bilancia la casa italiana pone le sue tecnologie.
Anche Der Spiegel scrive che «al momento il candidato favorito per Opel non è Fiat, ma Magna», che guiderebbe una cordata di cui fanno parte il costruttore russo Gaz e la banca di Mosca, Sberbank. E a cercare di spianare la strada a Magna è anche l’ex cancelliere Gerhard Schroeder, che ha ottimi contatti in Russia. Il settimanale rivela, poi, che il ministro Steinmeier ha nel frattempo stilato un decalogo che l’eventuale acquirente deve soddisfare per riuscire ad avere partita vinta su Opel.
Al primo posto viene messo «il mantenimento di tutti gli impianti in Germania e, possibilmente, quello di molti posti di lavoro», mentre l’investitore chiamato a spuntarla deve disporre di «esperienza nell’esecuzione di complesse concezioni strategiche e nella conduzione di aziende sul piano globale». Si tratta di due richieste fondamentali che Fiat sarebbe in grado di rispettare senza difficoltà, in particolare dopo l’ingresso nell’americana Chrysler. Altri due punti determinanti sono quelli della sicurezza delle garanzie di 3,3 miliardi promessi dal governo tedesco, mentre un altro elemento da rispettare è l’«accettazione» del nuovo investitore da parte dei dipendenti di Opel e dei suoi concessionari. Il timore espresso invece da Juergen Trittin (Verdi) è che Fiat, con le garanzie miliardarie offerte da Berlino, finisca per finanziare la sua operazione Usa.

E mentre il cancelliere Angela Merkel parla di «corretta valutazione di qualsiasi piano», la Sueddeutsche Zeitung spezza una lancia in favore del Lingotto, descritto come «il brutto anatroccolo che si trasforma in cigno». «Fiat - si legge - dimostra adesso di riuscire a guarire da sola».

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