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Marchionne: tirannia Fiom Giallo sull’addio all’Italia

L'ad di Fiat chiude col sindacato rosso, minaccia di andarsene, poi precisa La leader Cgil Camusso fa l’incendiaria: "Lui è una bomba a orologeria"

Marchionne: tirannia Fiom  Giallo sull’addio all’Italia

«La bomba a orologeria Sergio Marchionne» (così l’ad di Fiat e Chrysler è stato definito dalla leader della Cgil, Susanna Camusso) è sul punto di esplodere. Il count down è prossimo al contatto fatale. Il top manager, in un’intervista a Radio24 dagli Stati Uniti, ha fatto capire, probabilmente per l’ultima volta, che la permanenza del gruppo automobilistico in Italia è sempre in bilico. «Fiat è una multinazionale, continueremo ad andare avanti; abbiamo attività fuori dall’Italia e venderemo altrove. Chi pensa di condizionarci sbaglia», ha precisato riferendosi alla posizione intransigente della Fiom rispetto ai piani industriali del Lingotto nel Paese. E al cronista che gli chiedeva se c’è un futuro di Fiat senza l’Italia, Marchionne ha risposto così: «Che posso fare? Se non ci sta più l’Italia che cosa vuole che faccia? Vendiamo macchina in Brasile, in Canada, in Messico, in Cina, da tutte le parti. Una soluzione la troviamo. La sopravvivenza di Fiat non può essere messa in discussione. Abbiamo impiegato 8 anni per rimetterla in piedi, le abbiamo creato alternative attraverso l’alleanza con Chrysler».

Le parole di Marchionne in Europa sono piombate come un macigno, reinnescando la miccia delle polemiche in un momento delicato per gli equilibri del Paese. In serata il Lingotto ha cercato di metterci una pezza: «Il dottor Marchionne - in sintesi il comunicato torinese di smentita - non ha mai parlato di lasciare l’Italia». Corretto, ma dalle affermazioni a Radio24 è lampante che il top manager è sul punto di perdere la pazienza anche se il capo della Uil, Luigi Angeletti, è convinto che Fiat «non lascerà l’Italia perché non sarà vittima del tentativo di tirannia di una minoranza». «Gli investimenti - sottolinea il leader sindacale - li farà, in quanto noi garantiremo che in Italia si può investire e lavorare come in altri Paesi, anche se c’è il problema Fiom». E a proposito della sigla metalmeccanica guidata da Maurizio Landini, Marchionne ha sbottato: «Fiat non può essere vittima di questa minoranza; io non posso investire così, parliamo di miliardi, mica di aprire un supermarket». «La Fiom - le sue parole - sta insistendo sull’applicazione di un contratto che ormai non ha più senso. Abbiamo avuto la maggioranza dei lavoratori che hanno appoggiato un’alternativa. Il treno è passato, è inutile cercare di insistere che bisogna rinegoziare e riaprire il tavolo. Non posso rivotare fino a quando non vince la Fiom». Le repliche di Landini e di chi ama gettare benzina sul fuoco non si sono fatte attendere. Il capo delle tute rosse: «Quelle di Marchionne sono dichiarazioni pericolose. Serve una convocazione e la possibilità di una vera trattativa sul piano Fiat», ipotesi che trova il capo del Lingotto completamente sordo. «Marchionne è l’espressione più retriva dell’arroganza padronale», accusa Nichi Vendola (Sel).

E l’Idv: «La smentita di Fiat non smentisce la possibilità di lasciare l’Italia».

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