Economia

Marchionne, da «truffatore» a «mago»

Fritz Henderson, il top manager americano che si è assunto la responsabilità di rilanciare la General Motors, ha anticipato ieri alcuni dei temi che nei prossimi giorni affronterà nel faccia-a-faccia con Sergio Marchionne. E su Opel, la casa tedesca nel mirino di Fiat, l’amministratore delegato di Gm ha subito messo le mani avanti: «Ogni eventuale partner deve essere considerato idoneo anche dal governo di Berlino», ha spiegato durante la conference call di ieri. Avendo come punto fermo la cessione delle attività europee (ovvero Opel, Vauxhall e Saab) entro maggio, Henderson ha poi ribadito l’interesse del gruppo ad assumere «una posizione di minoranza nella nuova società che nascerà dalla vendita di Gm Europa». Il top manager non ha aggiunto altro, riservandosi così di intavolare la trattativa direttamente con Marchionne nei prossimi giorni. Si era parlato, in proposito, della volontà Usa di ottenere una quota intorno al 30%, rispetto all’offerta di Marchionne: meno del 10%. Molto dipenderà dagli accordi che saranno presi sulle attività sudamericane (soprattutto) e sudafricane di Gm, che fanno gola al Lingotto. Henderson non ha voluto sbilanciarsi, liquidando con un «no comment» la raffica di domande che gli è stata posta dagli analisti. «Quello in America latina - ha però aggiunto, facendo intendere di poter utilizzare questo argomento come arma nei negoziati - è un business molto solido, che ci piace». Un modo per dire a Marchionne di voler alzare la posta.
In questo momento, Gm è come un pugile finito ko con il conteggio dell’arbitro ormai vicino alla fine. Henderson, nell’ammettere che la procedura del «Chapter 11» è sempre più probabile, non ha escluso la possibilità di spostare lo storico quartier generale del gruppo da Detroit, e di vendere gli impianti produttivi americani. «Stiamo valutando le operazioni Paese per Paese - ha commentato - nel tentativo di stabilire dove poter presentare istanza fallimentare e dove invece non ce ne sarà bisogno. Fare ricorso a tale soluzione in Usa non significa necessariamente che la società seguirà la stessa procedura in altre regioni. Il lavoro che abbiamo davanti è grande, ma c’è ancora l’opportunità e la possibilità di portare a termine tale compito fuori da un’aula di tribunale».
Gm ha ottenuto un prestito federale da 15,4 miliardi di dollari e ha tempo fino al primo giugno per presentare un piano di ristrutturazione completo, altrimenti dovrà fare ricorso al «Chapter 11» di protezione dai creditori. Tuttavia la società deve ancora tagliare migliaia di concessionarie, chiudere fabbriche, ridurre altri posti di lavoro, raggiungere un accordo con i sindacati e convincere migliaia di creditori ad accettare l’offerta che prevede la conversione in azioni del debito complessivo da 27 miliardi di dollari. Un’operazione di questo tipo consentirebbe agli obbligazionisti di entrare in possesso di una quota del 10% della società. Henderson ha fatto anche sapere che Gm ha un urgente bisogno di ricevere un prestito dal governo tedesco per quanto riguarda le operazioni in Europa. Intanto, il ministro all’Economia di Berlino, Karl-Theodor zu Guttenberg, nel suo viaggio in Arabia Saudita e negli Emirati, non è riuscito a convincere gli sceicchi a investire subito nella Opel. Un punto in più a favore di Fiat, visto che lo stesso governo ha riconosciuto il piano italiano «più dettagliato rispetto a quello di Magna», la società austro-canadese pure in corsa per Opel.

Sempre Berlino, infine, avrebbe allo studio, in caso di fallimento per Gm, «di trasferire temporaneamente le quote di Detroit in Opel a un fiduciario».

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