La marcia dei mille per il re che ritorna

nostro inviato

a Misano Adriatico

Parola d’ordine: «Cantare e urlare Valentino sei grande, e mi raccomando il ritmo ragazzi, non sbagliatemi il tempo sennò facciamo una figura di emme...». Rino Salucci è lo storico presidente del fan club di Rossi; di più: è il padre dell’amico fraterno, del confidente, dell’autista, del gemello senza moto e stigmate motoristiche di Valentino Rossi: Alessio detto Uccio. Rino ha passato giorni ad organizzare la grande marcia di solidarietà e tifo made in Tavullia partita ieri alle 6 dall’ormai celebre paesino. Non una marcia anti fisco alla Bossi, ci mancherebbe, solo un serpentone di fan, meglio definirli fedeli, seguaci, di più, sudditi del re di queste terre. Sovrano però in esilio dal successo, monarca lontano dalla vetta mondiale, ma pur sempre sportivo simbolo di quest’Italia nel mondo. Sportivo un po’ troppo bistrattato di questi tempi, però.
Per questo i seicento infreddoliti e con gli occhi cinesi tanto erano addormentati, man mano che il serpentone giallo procedeva sulle colline, sono diventati mille, mille in marcia per difendere il proprio mito, «perché per Valentino è un periodo no, e non solo a livello sportivo, perché è stato attaccato troppo, perché in questo Paese si fa così presto a dimenticare o ad attaccare i propri eroi... Altrove li difendono fino all’ultimo, comunque e sempre, qui invece...», dicono in molti, non solo tra i fedeli.
Giancarlo ha 75 anni e gli occhi lucidi: «Io, io – quasi balbetta – io non avevo mai visto una roba così: centinaia di persone tutte vestite di giallo, con i cappellini e le magliette con il numero 46 a tingere le strade; sarà stato lungo seicento metri quel corteo...». Giancarlo non ha preso parte alla marcia lungo i quindici chilometri di sali e scendi che portano da Tavullia a Misano Adriatico: «Colpa dell’età, ma quando ho visto quella marea gialla arrivare fin qui è stato meraviglioso... I guai con il fisco? Ma chissenefrega. Valentino ci ha fatto e ci fa sognare, questo solo conta».
Il corteo del campione – e ci mancherebbe - ha scatenato pure la sua brava contestazione: Tavullia è infatti nelle Marche, e lungo la strada che porta prima a Cattolica e poi a Misano, il primo paesino che s’incontra in terra romagnola è San Giovanni Marignano. «Lì ci aspettava un punto di rifornimento organizzato dai tifosi locali», racconterà più tardi Salucci. Non solo, per la verità. Ad attendere il serpentone anche alcuni striscioni del tipo: «Benvenuti in Emilia Romagna, la terra della Ducati» o «lasciate ogni speranza voi che entrate...». Come dire che il derby d’Italia e d’Emilia Romagna scatena gli animi. «Sì, abbiamo visto quegli striscioni, ma abbiamo tirato dritto. Oggi come ieri – spiega Salucci – la nostra parole d’ordine è sempre una sola: non accettare provocazioni».
Alle 9 e 20, dopo oltre tre ore, il serpentone dei Mille di Rossi è entrato nel circuito. Valentino era in pista, saprà solo poi. E dirà: «È stata una cosa bellissima, una grande idea, un gesto importante nei miei confronti... soprattutto, è molto bello sapere che sono tutti riusciti a giungere fin qui a piedi, ero preoccupato».
Già, tutti qui e tutti subito sparpagliati lungo il circuito per attendere la visita serale e in incognito del proprio re. Perché come un sovrano, da sempre, Valentino si camuffa (di solito usa una grande felpa) e va a trovare i fan più fedeli. Come un monarca in incognito...

come «un messia delle moto, messia mandato dal dio dei motori per rifondare il campionato», disse un giorno uno dei suoi seguaci doc, Alby. Alby che lo segue ovunque in giro per il mondo, Alby che però se n’è ben guardato d’alzarsi alle 6 di ieri mattina. Va bene messia, ma pur sempre messia dei motori. La differenza c’è.

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