Marcia di Pasqua, adesione del Colle

da Roma

Il caffè, la sfogliatella tiepida di Gambrinus, la sigaretta «fuori legge» della signora Clio, la folla di curiosi e turisti davanti al Palazzo Reale. Giorgio Napolitano sorride e stringe mani, poi lancia un preciso avviso ai naviganti: sulla riforma elettorale, dice, non c’è più tempo da perdere, adesso bisogna «procedere spediti». Cos’è, un appello? «No - risponde - un appello no. Del resto ho già formulato alla fine della crisi di governo un invito formale alle forze politiche a lavorare per una nuova legge elettorale. Ora sono in corso delle consultazioni e io non mi pronuncio in merito».
Non sarà un appello, ma certo la raccomandazione presidenziale arriva in un momento cruciale del dibattito sulle «regole del gioco». Immediata la reazione del premier Romano Prodi, che ieri ha telefonato al capo dello Stato e, nel formulargli gli auguri di buona Pasqua, si è impegnato a procedere rapidamente. Sul tavolo ci sono già due proposte, la bozza Calderoli, firmata anche da Fi e An, e quella del ministro Chiti, appoggiata più o meno intensamente da quasi tutta la maggioranza. C’è un forte schieramento trasversale che vuole usare il referendum come strumento di pressione e ce n’è un altro che vuole difendere le rendite di posizione dei piccoli. Secondo Lorenzo Cesa «si gioca ancora a carte coperte». «La sollecitazione di Napolitano - dice il segretario dell’Udc - è positiva e serve a fare chiarezza. Finora abbiamo assistito solo a dichiarazioni d’intenti. In attesa di leggere i testi, noi confermiamo la preferenza per il sistema tedesco». Per Rocco Buttiglione «la bozza Chiti e la sua copia avariata, la bozza Calderoli, non vanno prese troppo sul serio: il proporzionale si corregge con lo sbarramento, con collegi piccoli o con il premio di maggioranza, non con le tre cose insieme». Se i centristi sembrano fare melina, Andrea Ronchi «apprezza molto» l’invito del capo dello Stato. «Lo ringrazio a nome di Fini e di tutta An. Il suo intervento è provvidenziale e tempisticamente perfetto. Serve una legge che rafforzi il bipolarismo e la governabilità e siamo disposti a un confronto serio con tutti, purché non si voglia solo allungare il brodo dell’esecutivo». Prospettive? Il dialogo è alle prime battute, eppure Ronchi si dice ottimista: «Nei due testi presentati possono essere sicuramente trovate delle convergenze. Noi siamo disponibili, e il ministro Chiti lo sa bene, basta che non sia un espediente per perdere tempo. Le paure di Mastella? Noi non vogliamo sopprimere l’identità dei piccoli partiti, che sono una ricchezza dell’Italia. Il freno dell’Udc? Si convinceranno. Ripeto, noi vogliamo una legge. Altrimenti c’è la pistola carica del referendum».
Roberto Calderoli è d’accordo: «Ero convinto che il presidente giocasse dalla parte nostra e sono lieto di vedere che, al di là dei gufi e dei referendari mascherati, tra gli ottimisti c’è anche lui». Dal coordinatore della Lega grandi e sorprendentemente caldi applausi al Quirinale: «Bravo Napolitano. Noi comunque ce la metteremo tutta». E Adolfo Urso: «Il capo dello Stato ha fatto bene, ora tocca al governo chiarire la sua posizione. Ci sono margini di intesa, però bisogna fare in fretta, entro luglio la riforma deve essere approvata da un ramo del Parlamento, prima che scatti la macchina referendaria».
Ma le parole di Napolitano vengono accolte bene pure dal centrosinistra. «Il suo appello conferma l’urgenza di cambiare una legge che non va e che ha già fatto gravi danni - commenta Marco Filippeschi, responsabile istituzioni dei Ds -. Non basta un aggiustamento, serve una riforma vera da fare in un’intesa che preveda le necessarie modifiche alla Costituzione». Insomma, «presto ma anche bene», come sostiene Roberto Villetti, Rnp: «Dal Colle una sollecitazione opportuna, visto il rischio di non combinare nulla. Del resto è difficile pensare che si possa tornare alle urne con il sistema attuale». Riccardo Villari, responsabile riforme della Margherita, chiede di «non far cadere l’invito del presidente perché non si possono dilatare all’infinito le attese dei cittadini».


Mauro Fabris, capogruppo Udeur alla Camera, sottolinea che «è la seconda volta che il capo dello Stato deve intervenire sul tema perché non è stato ancora ascoltato dai partiti». E Angelo Bonelli, presidente dei deputati Verdi, attacca quanti nell’Unione «vogliono fare lobbismo per far saltare l’accordo raggiunto per mantenere alle segreterie il potere decisionale».

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