Dal marciapiede alla celebrità Così nasce «Belle di giorno Spa»

Libri, comparsate televisive, blog: le squillo protagoniste di fatti di cronaca trasformano le loro disavventure in un affare

Nell’antica Roma Clodia aveva il suo Catullo. Oggi Clodia si racconta da sola, trasforma il tabù in un bestseller e, magari, in una serie televisiva. Si fa chiamare call girl: una che ha fatto del sesso a pagamento il suo mestiere, ma - assicura - per scelta. Una che coi clienti si diverte: hotel di lusso, cene sofisticate, abiti firmati, non tacchi a spillo ma stiletto, molto più chic. E poi gioca sulla curiosità del pubblico per farsi pagare ancora: rivela i suoi segreti e offre a tutti la possibilità di leggere il suo diario, di sbirciare nelle sue serate e notti senza tregua e nelle albe stentate, di vivere un po’ della sua vita sessualmente turbolenta. Così la call girl arriva alla fama. O, meglio, la sua professione è dipinta così: non la più antica ma ben nascosta del mondo, bensì un’arma che può portare in alto, se sfruttata con abilità, se sei abbastanza spregiudicata da infischiartene del fatto che amici e parenti scopriranno ogni dettaglio della tua intimità e che, alla fine, un’intimità forse l’hai persa per sempre.
Belle du jour, squillo di lusso londinese, dopo un blog molto amato e un libro che ha venduto migliaia di copie, ora finisce anche in televisione, sulla britannica Itv2 dove, questa settimana, comincia una serie dedicata alle sue avventure di sesso offerto, venduto e comprato. Billie Paper, l’attrice che la interpreta, riassume così: «È la storia di una ragazza intelligente e ben istruita che si diverte a fare sesso e a ricevere in cambio un sacco di soldi», trecento sterline l’ora, quasi quattrocentocinquanta euro per sessanta minuti di sesso con uno sconosciuto che, però, non le dispiace mai. Lei che si è scelta un soprannome ispirato a Luis Buñuel che, però, per il suo film si era basato su una storia scritta da un uomo: e molti, già all’epoca del blog, sospettarono che dietro Belle du jour ci fosse soltanto un fantasioso ghost writer. Il Guardian si è chiesto se portare la sua storia in tv non sia un modo per suggerire a milioni di ragazze che, in fondo, fare la call girl sia glamour, un mestiere di tendenza, anziché una faccenda privata da nascondere dietro facciate apparentemente rispettabili (tutti credevano che Belle du jour fosse una segretaria). Il quotidiano inglese ha sollevato il problema: l’industria del sesso è un viatico per la notorietà e la ricchezza? E sponsorizzarlo non è «immorale»? Certo, risponde Sarah Hedley, direttrice di una rivista erotica per signore, se è immorale anche Pretty woman. Il sogno di Cenerentola che diventa realtà.
Divine Brown, la squillo scelta da Hugh Grant per la sua notte di tradimento e alcol quando era ancora fidanzato con Liz Hurley, ha confessato di recente di aver fatto fortuna grazie a quell’arresto e al clamore dei giorni successivi. Bruna Surfistiña, giovane ventenne brasiliana ed ex prostituta, ha fatto del suo blog un libro che ha venduto decine di migliaia di copie in Brasile, un paese che legge pochissimo: otto su dieci dei suoi lettori sono donne, ha raccontato. Spiegazione: «Tutte sognano di essere una prostituta». Il genere vende e, così, è fiorita una diaristica: la Manhattan call girl, la Married call girl, la brava studentessa dell’Ivy League, la Prostituta felice.

Tutte contente e arricchite, come la veterana Heidi Fleiss che, del suo giro hollywoodiano di squillo, ha fatto un business. Tutte, una volta giunte alla fama, improvvisamente «ex». Il lavoro per loro era un piacere, una libera scelta ma, poi, hanno cambiato idea. Chissà perché.

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