In mare naufraga anche il buon senso

La Cei ha ragione quando parla di «offesa all’umanità». Chiunque abbia cuore e coscienza prova indignazione e angoscia per l’ennesima Odissea e l’ennesima strage di sventurati avviati verso le nostre coste. Vorremmo tutti che i responsabili di questo scempio e dei molti che l’hanno preceduto fossero adeguatamente puniti. Ma sappiamo purtroppo che questo avviene raramente. Il turpe commercio dei moderni schiavi arricchisce sia chi lo pratica sia chi dovrebbe impedirlo: e lo agevola o lo tollera dietro compenso.
L’itinerario di morte comincia nel cuore di tenebra dell’Africa e prosegue nel deserto. Le imbarcazioni cariche di disperati muovono da Paesi che hanno promesso di bloccare questo traffico, che hanno ottenuto in cambio remunerazioni politiche ed economiche, ma che non si direbbe siano smaniosi di onorare gli impegni. Già nella sua «normalità» tutto questo è spaventoso. Ma a volte accade il peggio: accade che una torma di eritrei ingenui, illusi, disperati, cui erano stati carpiti per il «viaggio» i risparmi di anni, sia ammassata su un natante sgangherato e affondi insieme ad esso.
Orribile. Ma la mostruosità della vicenda sta essenzialmente nei suoi preliminari, nel cinismo con cui mercanti e governanti africani organizzano una tratta che avviene, si può ben dirlo, alla luce del sole. Chi intruppa questa plebe nera, e le estorce somme ingenti prospettandole il miraggio dell’Eldorado europeo, e la abbandona in mare, è un criminale razzista: e poco importa - del resto è così da secoli - che si tratti di razzismo d’africani in danno di altri africani.
Bisogna discuterne, ci mancherebbe. Discutere gli accordi con la Libia, discutere il comportamento di Malta, discutere l’inerzia di tanti pomposi organismi internazionali. E agire contro chiunque abbia violato le leggi che sono, prima che del mare, della coscienza. Se davvero alcune navi hanno incrociato gli eritrei alla deriva senza rispondere alle loro invocazioni di soccorso non ci sono scuse. Chi ha consapevolmente lasciato i naufraghi al loro destino è un criminale.
Ma le reazioni alle notizie sulla tragedia non sono rimaste in quest’ambito, pure già sufficientemente polemico. Hanno voluto investire direttamente ed esplicitamente i governanti italiani. I quali dovrebbero coprirsi il capo di cenere, e confessarsi colpevoli per una tragedia verificatasi in alto mare, e in circostanze del tutto estranee alla volontà di Roma. I respingimenti non c’entrano, la Lega non c’entra e nemmeno le ronde cittadine. Bossi può avere il dominio di alcune valli bergamasche, ma non del mare. Eppure la tentazione di far credere che gli eritrei siano stati immolati all’insensibilità del Carroccio è forte.
I vescovi - alcuni in particolare - fanno riferimento a principi evangelici - primo quello di soccorrere chi ha bisogno - che debbono illuminare gli animi dei credenti, ma che da soli non risolvono i problemi con cui si confronta chi governa. Il diritto che ha la Chiesa di predicare alte verità senza troppo badare alla meschina realtà quotidiana non l’hanno i ministri dell’Interno. Il dire poi che quei poveri eritrei erano in cerca di libertà e di pace - bisognava dunque farsene carico - è insieme vero e demagogico. Se tutti i diseredati delle aree turbolente del pianeta fossero autorizzati a riversarsi, adducendo aneliti democratici, sulle aree relativamente prospere e tranquille saremmo, come risultato, tutti più infelici.
Ma queste considerazioncine terra terra non intimidiscono gli avversari del governo. I quali da una parte deplorano l’eccessiva severità italiana, e dall’altra deplorano che l’Italia non abbia saputo convertire i suoi interlocutori africani alla severità. Felice Belisario dell’Idv dipietrina vorrebbe che Berlusconi rimettesse in questione l’accordo con la Libia «che fa acqua da tutte le parti», quando il 30 agosto incontrerà Gheddafi. Non è una sollecitazione sbagliata. Senonché viene da chi sostiene che i freni bossiani all’immigrazione sono barbari, e che bisogna aprire le braccia a chiunque arrivi. Se provvede Gheddafi prima di noi va tutto bene, se provvediamo noi perché Gheddafi batte la fiacca è lesa assistenza?
Forse si insiste troppo, nel centrodestra, sulle strumentalizzazioni dell’opposizione: che in quanto tale strumentalizzando fa anche il suo mestiere.

Però Europa, quotidiano della Margherita - quando si dice i moderati! - ha titolato un suo «fondo» di ieri «Uno sbarco nella vergogna». Così rivelando che anche alla strumentalizzazione non c’è limite. Se fosse lecita una battuta un po' greve su un tema doloroso, cambierei «Uno sbarco nella vergogna» in «Uno sbraco nella vergogna».

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