da Roma
È sulle feste dell’Unità, anzi sulla loro abolizione, che si riapre l’eterna faida tra «ulivisti» e partiti. O meglio tra i prodiani e «il» partito, da sempre al centro del loro mirino: i Ds.
A lanciare la nuova offensiva, che però da tempo covava sotto la cenere, è il professor Vassallo, Salvatore Vassallo. Docente di Scienze politiche a Bologna e teorico dell’ulivismo estremo di scuola parisiana (da Parisi Arturo), Vassallo ieri ha scatenato le ire dei diessini. Dalle colonne del Corriere della Sera (pagine locali) ha annunciato che la lunga marcia verso il Partito democratico deve passare per l’eliminazione di ogni simbolo identitario, a cominciare da quello più caro al popolo post-Pci (e alle casse della Quercia. «I momenti unificanti, come la Festa dell’Unità, non possono essere segnati da simboli che dividono. Sotto quei vessilli molti democratici possono essere volentieri ospiti ma non si potranno mai sentire a casa propria», dice Vassallo.
A due mesi dalle primarie, e soprattutto a pochi giorni dall’apertura della festa nazionale dell’Unità, che quest’anno si tiene proprio nel capoluogo emiliano, il politologo prodiano offre anche la soluzione: basta cambiare nome all’evento, ribattezzarla «festa dell’Ulivo», rinunciare al richiamo simbolico alla testata «fondata da Antonio Gramsci» e - in prospettiva, è sottinteso - anche alla testata medesima. Perché anche un giornale «dei Ds» è incompatibile con la fondazione di un nuovo partito che azzeri le vecchi identità.
La sortita di Vassallo fa naturalmente imbufalire i ds. La prima reazione arriva da Bologna, dove il coordinatore locale della Quercia accusa: «Considerazioni poco rispettose», perché la festa dell’Unità «è un grande patrimonio e richiama quei valori di unità che dobbiamo portare anche nel Pd. Nel futuro le feste dell’Unità potranno convivere accanto alle feste dell’Ulivo e alle feste del Pd. Richiamare proprio adesso a un cambio di nome è indelicato e poco rispettoso».
Ma a perdere le staffe è anche il potente tesoriere nazionale dei Ds, Ugo Sposetti, solitamente parco di esternazioni. Che ieri ha deciso che era il momento di replicare, dicendo come suo solito pane al pane: «Non so per conto di chi abbai Vassallo, ma qualcuno deve mettergli la museruola». Sa benissimo a chi si riferisce, Sposetti: tanto che la sua dichiarazione ricalca pari pari quella nella quale invitò direttamente Romano Prodi a «mettere il guinzaglio ai suoi cani», quando il tesoriere del Professore, Angelo Rovati, si lamentava perché i Ds non allentavano i cordoni della borsa per finanziare la campagna elettorale di Prodi. Ora ci risiamo, e a Sposetti non va giù, come non gli vanno giù i riferimenti di Vassallo, nel suo decalogo sul perfetto Pd, al caso Unipol («Bisogna evitare, direttamente o indirettamente, di essere proprietari di banche») e alla gestione del futuro patrimonio (secondo il politologo prodiano, infatti, chi abbia ruoli nelle fondazioni che erediteranno gli attuali beni di Ds e Dl «non potrà avere ruoli dirigenziali o politici nel Pd»). Per il tesoriere dei ds, deciso a difendere con le unghie e coi denti l’identità, l’orgoglio e anche il patrimonio diessino, «c’è qualcosa che non funziona», nell’idea prodiana. «A leggere le cose che dice Vassallo - afferma - uno si sente nudo, privo di storia e di affetti. Alla fine - avverte - passa anche la voglia di essere generosi. Ma come è possibile stare nello stesso partito e insultare centinaia di migliaia di persone che lavorano con generosità perché il 14 ottobre sia una giornata importante?».
Con Vassallo si schiera invece un altro esponente prodiano di Bologna, il parlamentare Antonio La Forgia: «È evidente che ha ragione - spiega - con il Pd le Feste dell’Unità devono cambiare nome e quella che sta per cominciare a Bologna dovrebbe essere l’ultima con questo marchio».
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