Politica

Margherita, fronda anti-Rutelli

Dei 250 delegati lombardi in 190 voteranno scheda bianca per l’elezione del presidente. L’allarme di Pezzotta: il popolarismo rischia l’estinzione

da Milano

All’elezione del presidente della Margherita voteranno scheda bianca. Nemmeno un voto per Francesco Rutelli. Anzi, al congresso federale di questo fine settimana sceglieranno tra i candidati all’assemblea quelli che si più richiamano «ai valori del popolarismo». Scelta «inevitabile» sostengono perché «in un momento come questo ritornano fuori i legami costruiti nel tempo, ben prima della militanza nella Margherita».
Posizione sostenuta da 190 su 250 delegati lombardi che sottoscrivono pure l’appello lanciato da Battista Bonfanti, ex coordinatore regionale della Margherita: «Quando la nave arriva alla destinazione ultima i passeggeri scendono e ognuno con il proprio bagaglio va per la strada». Come dire: «Ora che si sbarca è giunto il momento del rompete le righe, non essendo oltre giustificabile il richiamo al patriottismo di un partito durato lo spazio di un mattino». Sì, è più che offensiva quella mozione degli affetti, quel richiamo quando nel Partito democratico «non c’è dignità piena per il cattolicesimo democratico».
Ritorno, dunque, dei popolari - «oltre tre quarti del disciolto equipaggio» - che «senza tentennamenti e senza infingimenti» vogliono sapere «a chi intende rappresentarci» di «proclamarlo apertamente». Che aggiungere? «Vogliamo saper e far sapere chi nel nuovo partito sarà l’interlocutore e il leader riconosciuto dei Popolari», dopo aver «per lungo tempo faticato in sala macchine» e aver «preso atto che gli ufficiali pur tra infiniti litigi si sono accordati e hanno cambiato rotta, non senza essersi divisi i posti di comando».
Finale di chi non è affatto entusiasta di questa fusione, di chi non crede nell’appeal elettorale della creatura post-ulivista e lancia l’allarme del «popolarismo che rischia l’estinzione», mentre Ds e Margherita fanno i conti economici più che di cuore sulle sezioni da fondere.
A gridare «all’estinzione» è Savino Pezzotta: l’ex segretario della Cisl guarda «con attenzione a quanto accadrà al prossimo congresso della Margherita». I delegati, avverte Pezzotta, «devono chiedere garanzie precise sull’agibilità democratica del futuro partito e sugli spazi che saranno a disposizione delle culture fondatrici del nuovo soggetto politico».
Timori che, ricorda Bonfanti, sono «legittimi dopo quanto avvenuto al congresso Dl lombardo, dove ho dovuto rivendicare quasi a colpi di carte bollate la “sovranità” del congresso regionale nella scelta dei delegati per l’assise nazionale». Rutelli in quella sede pretese infatti l’applicazione di una norma che attribuirebbe al presidente del partito il potere di scegliere i delegati nazionali. Interpretazione respinta, chiosa Bonfanti, da «diciannove segretario regionali su venti, escluso cioè il rutelliano Gianni Vernetti del Piemonte».
Fatti di ieri che oggi si traducono «in una vera e propria chiamata alla mobilitazione di tutti coloro che, pur militando nella Margherita, sono di area popolare» e, aggiunge Bonfanti «hanno una preoccupazione: quella di assicurare, di garantire un presente e un futuro a tale esperienza, anche perché costituisce una autentica risorsa della politica italiana».
Dichiarazione che è un invito, senza troppi giri di parole, «ai popolari di riorganizzarsi» in vista dello scioglimento del partito e della sua fusione nel Partito democratico. Invito a difesa «dei nostri ideali minacciati da una nuova realtà politica, il Pd, che non sembra aver intenzione di porre mano alle tematiche dei cattolici democratici».

Certezza di chi, domenica prossima, vuol poter «gridare all’Italia, i popolari sono tornati».

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