Milano - Intanto esibisce subito due anelli grossi così, uno per mano, roba da ereditiere vecchio stampo. E poi srotola il suo repertorio tipico, si sa lei è Mariah Carey: ritardo di un’ora, guardia del corpo ciclopica, veloce drink dietetico e brevissimo massaggio facciale prima di rispondere alle domande, per carità una faticaccia. Dunque Mariah Carey - che denuncia 39 anni ma ne dimostra qualcuno in più e stasera sarà a X Factor - ha appena pubblicato un disco indolore, Memoirs of an imperfect angel, e negli Stati Uniti è in testa al botteghino del cinema indipendente con Precious, un film che qui arriverà il prossimo anno ma ha già una virtù decisiva: la mostra per come è, senza palate di fondotinta, sopracciglia chilometriche, sguardi di trequarti e scintillii vari.
Però, signora Carey, specialmente per lei non sarà stato facile imbruttirsi così. E accettare di renderlo visibile a tutti.
«Certo, non è stato facile ma nemmeno pensavo che lo sarebbe stato. Ho persino accettato che mi applicassero dei baffetti».
Come ha fatto ad accettarlo?
«Ho lasciato me stessa indietro. Un film non è un videoclip, è tutta un’altra storia. Comunque Precious è tratto da un libro che avevo letto tanto tempo fa, Push di Sapphire. Non pensavo che il regista Lee Daniels sarebbe stato capace di renderlo con tanta intensità anche sullo schermo. Chi lo vedrà lo conserverà con sé per il resto della vita».
Perché?
«È molto toccante».
Anche la sua esibizione al concerto in onore di Michael Jackson lo è stata.
«Ma quando sei molto emozionata, senti che stai per piangere e ti si stringe la voce qui sul petto».
Difatti molti l’hanno criticata.
«Mi sono scusata su Twitter. Quando sono arrivata là, dove eravamo?».
Staples Center, Los Angeles.
«Ecco, quando sono arrivata allo Staples Center mi hanno detto: vai, sei la prima della serata. Io sono salita sul palco e davanti a me c’era la bara con dentro Michael. Non sapevo che il suo corpo fosse lì, un effetto straziante».
Era uscito da poco il suo primo singolo, «Obsessed». Lì lei è molto meno commossa.
«È dedicata a tutte le donne che sono oggetto di molestie, di stalking, di brutte situazioni».
Però si diceva che con quel singolo lei avesse mandato a quel paese Eminem, uno che l’ha insultata a più non posso.
«No, riguarda la vita di tutti, non un caso particolare».
Vuol dire che non ha mai subito molestie?
«Eh sì!» (lungo sospiro e occhi socchiusi).
Comunque lei è bombardata dai paparazzi. Girano già anche le immagini backstage del suo prossimo video «H.A.T.E.U.».
«Non le ancora viste. Come sto? Magari non sono neppure io».
Figurarsi, sta benone. Ma è vero che sarà rappresentato un musical sulla sua vita e lei ha scelto Leona Lewis come protagonista?
«Non c’è nessun musical. Anzi, casomai fosse messa in scena la mia vita, io denuncio tutti. È troppo complicata la mia vita per renderla in un musical. E se ci fosse, l’unica protagonista sarei io».
Ci mancherebbe. Nel libretto del cd ci sono frequenti riferimenti alla Bibbia. Lei è religiosa?
«Sono religiosa ma non troppo. Sono più spirituale. Ho sempre avuto tanta fede ma non sono molto praticante. Anche se la chiesa dove vado a messa, la True Workship, ha celebrazioni solenni e divertenti».
A proposito, ha cantato anche all’insediamento di Obama.
«Per me era già difficile pensare che un nero avrebbe potuto essere eletto alla Casa Bianca».
Per non valutare il suo primo anno da presidente, oggi si limitano tutti a dire così.
«Non sono una politica».
Lo sanno tutti: è una popstar.
«In realtà il pop non è neanche un genere musicale: oggi c’è ma domani cambia. Le mie radici sono nell’r&b, definitivamente».
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