Marianna Biernacka

Non tutti i martiri polacchi del gruppo dei centootto (facenti capo al vescovo di Plock, Anton Julian Nowowiejski) uccisi dai nazisti e beatificati nel 1999 da Giovanni Paolo II erano preti o religiosi. C’erano anche alcuni laici, come quella di oggi, Marianna Biernacka. Era nata nel 1888 e viveva nella diocesi di Lomza. Era una donna semplice ed aveva un figlio appena sposato. La moglie di questi, incinta, era stata arrestata nel 1943 dalla Gestapo come sovversiva e condotta alla fucilazione. La suocera si offrì al suo posto e fu lei a prendersi la scarica di proiettili. Il luogo era Naumowicze, presso Grodno. L’episodio è da ritenersi eccezionale anche perché, di solito, sui rapporti tra suocera e nuora fioccano le barzellette. Difficile che tra le due parenti acquisite corra buon sangue. In questo caso il sangue corse, eccome, e fu la cinquantacinquenne Marianna a donarlo. Salvò così due vite, al prezzo della sua. Fa giustamente osservare Vittorio Messori (rubrica «Vivaio» sul mensile «Il Timone» di questo mese) che faremmo meglio a ricordare che «nazismo» è la pelosa abbreviazione di nazional-socialismo. Infatti, quel socialismo nazionalistico (anche il fascismo italiano era tale), divinizzando lo Stato, creò il peggiore dei mostri.

Anche senza stivali e divise, anche senza adunate oceaniche, quando lo Stato invade tutto, pure la vita privata, e pretende di dettare la sua, di morale, il risultato è sempre il totalitarismo. Una deriva totalitaria si può avere anche in democrazia, allorché un'ideologia fabbricata a tavolino diventa egemone ed assume forza di legge.

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