Marisa Laurito: «Ve la spiego io la femminilità»

Alessandra Miccinesi

Sarà perché insieme con le colleghe, sulla scia della divertente commedia inglese Calendar girl, ha realizzato l’anti-calendario 2007: risposta ironica e alla tappezzeria di foto osé di veline & c. Sarà per lo straordinario successo di Menopause, il musical antidepressivo di Jeanie Linders diretto da Manuela Metri - tradotto e adattato da Paola Tiziana Cruciani e Antonella Laganà, testi delle canzoni di Vincenzo Incenzo -, che dopo l’esordio della scorsa stagione si prepara al bis, da questa sera al 19 novembre al Brancaccio, con la forza di un cast effervescente e pimpante (recitano, ballano, e cantano dal vivo, con Marisa Laurito: Fiordaliso, Fioretta Mari e Crystal White). Sarà per l’ironia e la forza del canovaccio, che incita il gentil sesso a non lasciarsi sopraffare dall’inevitabile (e naturale) trasloco ormonale: un consiglio che il cast del musical, in occasione della generale ospitata nel penitenziario di Rebibbia, ha simpaticamente diffuso, tra candele, zucche di Halloween e sorrisi, anche tra la popolazione carceraria. Fatto è che la Laurito ci prova gusto a questa sua nuova attività di «propaganda».
La menopausa è un passaggio obbligato che coglie impreparati uomini e donne, creando imbarazzo, ansia, paura. Eppure, nonostante gli anta lei non ha perso lo smalto e la verve delle nottate in tivù con Renzo Arbore a «Quelli della notte»: qual è il suo segreto?
«Non vi dirò se sono già in menopausa. Anche se il mio orologio biologico corre, continuo a vivere come se avessi 28 anni, e sono felice perché mi accetto per quella che sono. La cosa più importante nella vita è essere giovane dentro. Certo, vista la mia golosità mi sforzo di combattere il grasso che avanza, ma per me rimangono fondamentali i valori interiori. E il rispetto dei ruoli».
Negli ultimi anni, complice l’allungamento dell’età media e la smania di curare il look, i ruoli di cui lei parla si sono ulteriormente confusi: da che dipende quest’ansia di voler sembrare giovane a tutti i costi?
«È un fenomeno di massa antico come il mondo, non è una novità. Di donne che s’affannano a fare tendenza occultando rughe e pancetta con la benedizione del chirurgo plastico, o che vivono concentrate a taroccare la data di nascita grazie a un abbigliamento spregiudicato, sono piene le strade. E le televisioni».
Insomma, nessuna gelosia nei confronti delle ribattezzate «ten years younger look», ovvero le signore che non tremano a fare concorrenza alle figlie saccheggiando gli stessi negozi di abbigliamento per dimostrare dieci anni di meno?
«Assolutamente. Mi auguro, invece, una inversione di tendenza, che si torni a una femminilità più intensa, più vera, che includa il passaggio degli anni come evento naturale non come travaglio.

Mi capita sempre più spesso di vedere certe colleghe, che tra plastiche e tiraggi hanno assunto espressioni ridicole, i loro visi sembrano stampati, hanno perso di autenticità. Ma la cosa davvero tremenda è che sono saltati i ruoli, si fa più fatica ad accettare il passaggio del tempo. Non per me, però, perché come dice l’icona della sensualità Brigitte Bardot: sono fiera delle mie rughe».

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