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Maroni e le amnesie di Ferrante

L’ex prefetto: «Non dialogo con Bossi». Il ministro: «Nel ’94 ci parlava con assiduità»

da Milano

«Non mi piacciono quelli con cui è difficile dialogare. E cioè la Lega». Bruno Ferrante è sceso a gran velocità dal piedistallo super partes di prefetto di Milano per dedicarsi a tempo pieno al ruolo di candidato sindaco dell’Unione. E ha scelto la tv cattolica Telenova per spiegare che a lui il Carroccio proprio non piace. «Mi ci vede a dialogare con Bossi?» aveva dichiarato poche ore prima a Repubblica. E non era stato un incidente di percorso, ma un’intenzione politica chiara e netta. Anche perché verso il resto della Casa delle libertà Ferrante fa sfoggio di tutto il suo fair play: «Non ho mai ricevuto alcuna offerta di candidatura, ma ho grandi amici nel centrodestra». Politico preferito? Neanche un’esitazione davanti alle telecamere: «Gianfranco Fini».
Sì a Fini, no a Bossi. Parole che non sono piaciute al ministro del Lavoro, Roberto Maroni, prontissimo a ricordare che da titolare dell’Interno nel 1994 aveva avuto Ferrante al suo servizio, senza mai notare particolari difficoltà di comunicazione. Maroni ha buona memoria di quei tempi. E attacca: «Ferrante si scandalizza all’ipotesi di dialogare con Bossi, ma nel 1994 ci dialogava con assiduità; quando ero ministro dell’Interno, lo nominai io vicecapo della polizia».
Ferrante non nega ma spiega che parlava con Bossi e i lumbard solo per dovere di Stato: «Ho dialogato con tutti i governi, di centrodestra e di centrosinistra». È proprio l’atteggiamento verso la Lega a irritare Maroni: «Sono dichiarazioni poco eleganti e incredibilmente sprezzanti, sta nascendo a Milano una sinistra snob e cinica, lontana dai sentimenti popolari». La conclusione è secca: «Credo che l’amministrazione pubblica abbia tutto da guadagnare quando queste persone lasciano le cariche pubbliche».
Ancora più pesante Matteo Salvini, capogruppo della Lega in consiglio comunale: «Si dovrebbe vergognare, visto che come uomo delle istituzioni fino a una settimana fa era il garante delle leggi e dello Stato per tutti i milanesi e oggi esprime concetti al limite dell’indecenza nei confronti di un ex ministro e segretario di partito». Anche Salvini snocciola aneddoti nati da rapporti personali con il prefetto: «Quando gli andavo a parlare esprimeva rispetto per le idee della Lega. Oggi ha cambiato idea, evidentemente ha due facce. Noi la campagna elettorale vogliamo giocarla sui contenuti e non sulle simpatie o antipatie, ma Ferrante sappia che se non si scuserà noi ci comporteremo nei suoi confronti con il suo stesso stile».
Insomma, si attendono scintille.

E Ferrante ha anche detto la sua sulle politiche che riguardano l’immigrazione: «A Milano il 14 per cento della popolazione è immigrata, ma la città non si è impegnata in quell’opera di accoglienza intelligente che fu intrapresa negli anni Cinquanta e Sessanta e di cui io stesso, nato a Lecce, sono un esempio». Chiaro che con queste premesse il dialogo con la Lega non è dei più facili.

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