Una «visita di lavoro» organizzata in meno di dieci giorni. Un consulto urgente richiesto da Barak Obama sulle prospettive dell'Europa e in particolare dell'Italia rispetto alla crisi dei mercati. Un caffè alla Casa Bianca: a Washington saranno le due di pomeriggio, in Italia le otto di sera quando martedì Giorgio Napolitano sarà ricevuto nello Studio Ovale. Pochi fronzoli, molta carne al fuoco: il colpo di coda della crisi economica, il comune fronte afghano, appena costato altre due vittime italiane, la missione in Libano, il dossier iraniano e del disarmo nucleare, il fondamentalismo islamico, il terrorismo internazionale, da fermare con mezzi non solo militari. E anche una specie di sondaggio sulle questioni del nostro Paese.
Ci si aspettava una visita di Stato in autunno, ecco invece questo viaggio veloce e informale, carico di significati. Di certo c'è la notevole sintonia tra Napolitano e il presidente americano, manifestato da diversi reciproci attestati di stima e simpatia personale. L'appuntamento alla Casa Bianca ha un evidente spessore politico. Come ha detto il portavoce della Casa Bianca annunciando la visita, conferma gli eccellenti rapporti fra Italia e Stati Uniti, che «sono paesi guida nella Nato». Il presidente Obama, ha aggiunto il portavoce, «apprezza il forte contributo dato dall'Italia alle operazioni di pace nel mondo».
La visita di lavoro a Washington fa seguito a quella di Stato del 2007, quando c'era ancora George Bush e quando Napolitano si trovò a difendere il sistema Italia da un duro attacco del New York Times. Mercoledì 26, prima di ripartire per Roma, andrà al Congresso, a restituire la visita della speaker democratica Nancy Pelosi, che un anno fa fu ricevuta al Quirinale. Poi Napolitano farà colazione alla Corte Suprema e, in serata, parteciperà alla cena di gala dell'Ordine dei Figli dell'Italia in America (OSIA).
L'invito di Obama conferma anche il feeling, politico e umano, che stabilì con il presidente Italiano, a luglio dell'anno scorso, quando si incontrarono per la prima volta, al Quirinale, e il giorno dopo all'Aquila, in occasione del G8. Si trovarono d'accordo soprattutto su una cosa: sulla aspettativa di un ruolo più incisivo dell'Europa, sia per superare la crisi economica, sia per affrontare le crisi internazionali. In quella occasione, il presidente americano dichiarò in modo molto caloroso la sua ammirazione per «l'integrità e la finezza» del presidente italiano. Ha «una reputazione meravigliosa», disse Obama, e merita «l'ammirazione di tutto il popolo italiano, non solo per la sua carriera politica, ma anche per la sua integrità e gentilezza: è un vero leader di questo paese. Noi apprezziamo moltissimo che sia anche un ospite così fine». Napolitano non nasconde la sua ammirazione per Obama. «Invidio soprattutto la sua età», disse con una battuta il giorno del suo insediamento. Disse che quel presidente aveva creato l'aspettativa di un cambiamento radicale nella politica americana, dopo l'era «muscolare» di Bush, e poteva far riconquistare alla leadership internazionale dell'America consenso morale e spessore ideale; soprattutto segnava in politica estera il ritorno al dialogo, alla via politica, al multilateralismo, alla ricerca di soluzioni pacifiche dei conflitti, al reciproco rispetto sulla questione islamica. Impegni che, secondo Napolitano, Obama ha mantenuto, sulle questioni della pace, del clima, del disarmo, della difesa dei deboli con la riforma della sanità.
La sintonia fra il vecchio e il giovane presidente è soprattutto politica, e riguarda le grandi questioni, a cominciare dal ruolo dell'Europa, che per entrambi deve essere più attivo e più incisivo sulla scena internazionale. Obama ha in particolare apprezzato la visione europeistica di Napolitano che contiene un forte pragmatismo che lo porta a non nascondere i problemi, ma anzi a metterli in primo piano.
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