Marzio Tremaglia 10 anni dopo: «Non concepiva l’incoerenza»

Marzio Tremaglia dieci anni dopo. Ieri, nella sala degli Affreschi della Provincia, il convegno dell’associazione Ares per ricordare l’uomo, il politico, l’assessore regionale alla Cultura la cui scomparsa (a soli 42 anni, ma pienissimi di vita), ha lasciato un vuoto incolmabile. «Grande oggi. E, a vedere come vanno le cose - spiega con il suo acuto pessimismo Stenio Solinas -, destinato a restare grande anche in futuro». Un’esistenza, quella di Marzio, nel segno della militanza nell’Msi e poi in An. E ieri era impossibile non notare, in tutti gli interventi, riferimenti alle polemiche di Fini. L’onorevole Massimo Corsaro che di Tremaglia fu amico prima che collega di partito e di giunta, ricorda che «Marzio non capiva l’incoerenza. Non so se a qualcuno su questo fischino le orecchie. Ma io spero gli si rompano i timpani». L’assessore alla Cultura Novo Umberto Maerna spiega come si sia «assistito a una politica culturale escludente filoni di destra, liberali riformisti. E noi - assicura - dobbiamo aprire a questi filoni e alla partecipazione popolare». Ma, per l’ex assessore alla Cultura del Comune Stefano Zecchi, «l’eredità di Tremaglia è un’eredità tradita», perché non c’è stato impegno per «dare un senso di appartenenza a una cultura ghettizzata, emarginata. Ciò che è avvenuto in questi anni è sconsolante. Si sono fatte infrastrutture, belle scatole, ma nessuno si è preoccupato di cosa metterci dentro». Toccante il ricordo di Pietro Petraroia che Tremaglia volle come direttore dell’assessorato. Strappandolo al ministero di Veltroni. «E Veltroni - racconta Petraroia -, non me lo perdonò mai. Mi tolse perfino il saluto». Ma lui seguì Marzio. «Uno che girava sempre con almeno tre libri in mano. In ascensore, in riunione. Dovunque fosse». «E li citava - ricorda Corsaro - dando per scontato che tutti quelli che erano con lui li avessero già letti». Lui che «voleva che la politica culturale delle istituzioni trasformasse l’idea di massa in popolo». Lui che «quando si svegliò dopo una delle ultime operazioni, cercò di recitare i primi versi dell’Iliade in greco per vedere se le sue facoltà mentali fossero intatte». In prima fila il figlio Andrea. La moglie Lori. Tra i relatori Claudio Risé e Gianfranco de Turris.

Il presidente della Provincia Guido Podestà ricorda «una politica spinta dalla convinzione che la vita non possa ridursi solo allo scambio, alla produzione, al mercato. Ma che necessiti di dimensioni più alte. L’apertura al Sacro, al Bello». Questo era Marzio Tremaglia. Figlio di Mirko, papà di Andrea.

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