nostro inviato a San Paolo
Aveva detto: «Tutto ciò che accadrà oggi in pista è in mano a Dio, non dipende da me». Poi un tuono aveva idealmente certificato la frase, poi Felipe Massa si era preparato per la grande gara e infine un improvviso diluvio aveva ritardato la partenza di dieci minuti, quasi a voler dire e far capire che per davvero il dio delle corse era spettatore in prima fila. Ovviamente non pagante.
Niente da fare. Felipe regala alla sua gente linutile gioia di una vittoria che lo issa in cima alla montagna dei Gran premi vinti con sei successi contro i cinque di Hamilton, ma non lo issa abbastanza in vetta per agguantare il campionato del mondo. La sua è una gioia castrata, una felicità sofferente, un sorriso che si spegne come una crepa sul viso perché sa di beffa allultimo metro e di occasioni mancate. Ci sono infatti punti persi per via che fanno troppo male e troppa rabbia per poterli dimenticare in fretta. Sono quelli lasciati scappare con la rottura del motore a un nulla dal traguardo in quel di Budapest, questestate, e gli altri, ancora più amari perché comici, disintegrati nellassurdo rifornimento di Singapore. Errori non suoi, colpe non sue, ma che per la giusta legge della formula uno insegnano una volta di più che dietro il singolo pilota cè una squadra.
E cè anche il destino che ti beffa sotto un diluvio bizzarro allultimo giro, un destino che Felipe chiama Dio, «lui sa che cosa fa e bisogna crederci», ripete. Un destino che tinge di triste bellezza la sua sconfitta. Perché Massa si ferma e piange nascosto nel suo casco, poi si asciuga gli occhi e esce, guarda la torcida, si batte il pugno sul cuore e dice «lho fatto per voi e la mia anima è per voi».
La sensazione grande è che la Ferrari abbia perso un mondiale ma abbia trovato un grande campione. Domenicali lo sottolinea a chiare lettere, «Felipe vincerà il titolo, lo so, ed è stato magnifico, è un grande campione e un grande uomo che ha ribattuto in pista a chi lo criticava, anche a inizio anno. Quanto a noi, mi dispiace che non abbia potuto coronare il sogno del mondiale piloti, ma abbiamo conquistato laltro obiettivo, il titolo costruttori».
Quasi lavesse sentito, da lontano, Felipe si batte ancora il petto: «Dobbiamo essere tutti contenti di ciò che abbiamo raggiunto, del titolo costruttori, anche il presidente Montezemolo deve essere felice». È vero, Massa parla da campione e da uomo, ha appena trattenuto le lacrime sul palco mentre, giungendo le mani, sinchinava davanti alla sua gente. Racconta: «È stata una gara perfetta, difficile e fantastica, e io sono molto fiero della mia corsa, e del team e del mio pubblico». Quindi, trafitto da un velo di tristezza: «Certo che è incredibile ciò che è successo, con Lewis che ha passato di nuovo Glock. È stato un mix di emozioni terribile. Ovvio, mi dispiace, perdo il campionato per un punto, ma non voglio guardare indietro, non voglio avere rimpianti. Abbiamo avuto un mondiale di alti e bassi e oggi abbiamo pagato, ma queste sono le corse, questo è stato il nostro campionato e se non altro abbiamo vinto un titolo».
Accanto a lui, Alonso e Raikkonen sono solo comparse, per di più silenziose. Forse stanno cercando di immedesimarsi. Ma è sempre Felipe a togliere tutti dallimbarazzo: «Mi congratulo con Lewis, ha fatto un grande campionato e lha meritato. Avrei preferito trovarmi io al suo posto, ma sono fiero di lasciare questa pista a testa alta».
Impietose, le domande lo riportano a quegli ultimi metri. «Appena tagliato il traguardo ero campione del mondo, però nessuno del team mi ha informato, mi hanno solo detto aspetta, che cè Hamilton che sta duellando con Glock... Poi un breve silenzio e il mio ingegnere mi ha avvisato: Lha passato... E allora ho capito tutto... Sì, lo ammetto, ho pianto, stavolta non avrei potuto resistere. Glock? Non ha colpe, con le gomme da asciutto non poteva far altro, era impossibile per lui trovare il punto giusto di frenata». E ancora: «Ora devo e dobbiamo tutti imparare da questi momenti, dobbiamo farne tesoro. Volete sapere dove ho perso il mondiale? No, non ci sto, anzi, lo ripeto: questa non è una corsa da dimenticare bensì da ricordare. Avrei voluto qualche punto in più, ma abbiamo fatto una grande stagione».
È vero, lo riconosce anche Hamilton, che festeggia nellaltro box e, soprattutto, lo fa capire il papà di Lewis, che si fa tutto il paddock sotto la pioggia pur di abbracciare il padre di Felipe. Occhi lucidi, lacrime, senza distinzioni tra vincitori e vinti. Perdere così è quasi bello.
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