San Paolo - Ha vinto, è campione del mondo e allora che siano feste e applausi e si stappi champagne perché la Ferrari ce l’ha fatta di nuovo. E invece no, fermi tutti, perché non è vero niente, Felipe Massa ha vinto e perso allo stesso tempo e allora che mamma e papà e il box e il popolo rosso vestito e la torcida e tutti coloro che già saltavano su e giù ovunque qui attorno ripongano mestamente la loro voglia di far festa. Colpa della pioggia, di un pilota col nome un po’ da fiaba e un po’ da barzelletta, Timo Glock, che sotto il diluvio universale ha illuso e si è illuso di poter resistere alla disperazione di Lewis Hamilton che si sentiva scivolare via dalle dita il titolo mondiale. Colpa di quei 500 metri prima del traguardo, penultima curva, di quello scroscio di pioggia più forte del previsto che ha trasformato la scelta azzardata del giovane tedesco in una follia.
E dire che a 4 giri dal termine la pioggia era tornata a rompere le scatole e in molti, tutti i big, avevano scelto di rientrare e montare le gomme intermedie. Timo no, Timo aveva puntato sulla roulette ed era rimasto con quelle da asciutto, ritrovandosi così in un battibaleno nelle posizioni nobili. E dire che ce l’avrebbe fatta a difendere la quinta posizione se non fosse stato per lo scroscio, e dire che grazie a lui Felipe Massa sarebbe diventato campione del mondo.
Invece niente e invece no. Sul momento è un festival di emozioni ribaltate perché Felipe taglia il traguardo vincendo il gran premio ma non esulta. Sa che Hamilton è sesto, sa che deve aspettare che transiti sulla linea del traguardo. Nel box McLaren gli sguardi diventano pallidi e invece no, invece niente. La Toyota di Glock è una saponetta che arranca alla penultima curva ed Hamilton vola quinto in vetta al mondo portato dalla disperazione.
Sarà la radio a spegnere la gioia incatenata di Massa e accendere quella confusa di Hamilton, saranno la passione, il tifo, la rabbia a dare il via a una sequela di sospetti su quel venduto, delinquente, assassino, ladro, farabutto di Glock. E invece il ragazzo non ha fatto nulla, non ha proprio colpe, innocente e candido sarà il verdetto del paddock, dei colleghi e della logica. Il primo a scagionare il tedesco sarà lo stesso Felipe, «mi dispiace, è ovvio, ma sul bagnato è impossibile gestire l'auto con le gomme da asciutto». E poi il gran capo della Ferrari in pista, Stefano Domenicali: «Aveva le gomme slick ed Hamilton l'ha passato alla penultima curva, ma se non ci fosse riuscito lì, l'avrebbe fatto subito dopo, sul rettilineo». Addirittura s'infervora Sebastian Vettel: «Che cosa? Insinuate che Timo abbia rallentato apposta? Ma provate voi a guidare una formula uno sul bagnato con quelle gomme... è impossibile. Anzi, trovo perfino stupefacente che sia riuscito a finire nei punti. Quanto a me, dite che il mio sorpasso su Hamilton aveva cambiato il corso del mondiale? Non me ne sono neppure accorto, stavo facendo solo la mia corsa e c'era un tale caos».
Quindi ecco comparire lui, il presunto colpevole ormai scagionato. Ha un brufolone sul naso e lo sguardo frastornato. Prima aggredisce per difendersi: «Io colpevole? Ma che cavolo dite...», poi si acquieta: «Non mi sono reso conto di nulla, ero troppo preso a gestire la macchina, tanto meno mi sono messo a fare conti sul mondiale degli altri e sulle loro posizioni. Quelle condizioni di bagnato erano una situazione totalmente nuova per me... Però alla prima occasione andrò comunque a scusarmi con Felipe, so che capirà. Certo, è dura perdere il titolo all'ultima curva, ma credo che se il titolo gli è sfuggito è per come è andato il campionato nella altre diciassette gare». Infine il suo compagno, Jarno Trulli, come lui rimasto con le gomme da asciutto: «Era un disastro, ci sono anche le nostre comunicazioni radio, quando chiedo al team se non è il caso di rientrare. Purtroppo la pioggia è aumentata all'improvviso... che effetto fa? Come scivolare contemporaneamente su una buccia di banana e sull'olio».
Tutto chiaro come il vero grande rammarico di Jarno: il pit stop troppo lento, il suo errore e quei diciassette giri dietro a Fisichella. «Senza tutto ciò sarei stato fra i primi cinque...». E Massa, forse, sarebbe ora campione del mondo.
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