nostro inviato a Sakhir
No. Felipe Massa non è un altro Barrichello. Magari di tanto in tanto inciampa in qualcosa, ma sa come tornare subito in piedi: dote che mancava al suo predecessore. Quando Rubens finiva a terra, nella polvere restava per l'intera stagione. Felipe no. Per il secondo anno consecutivo domina in Bahrein, per la seconda stagione di fila risorge in mezzo al deserto, per l'ennesima volta riemerge dalle critiche più forte. Perché, lo sa lui, lo sanno i suoi cari, dopo giorni densi di accuse ci vogliono un paio di attributi grandi grandi per menare nuovamente le danze. Suo padre, papà Luis Antonio, lo sa bene, e brinda, festeggia, pasteggia mentre il figlio viene portato in trionfo: «Mio figlio dà il massimo quando è sotto pressione. Che cosa mi attendo da lui quest'anno? Un nipotino o il mondiale, scelga lui».
Felipe non sa ancora della voglia di fare il nonno di suo padre, sa invece che il mondo della F1 va così: «La bandiera a scacchi è stata una liberazione, avevo l'incubo che si ripetesse quanto accaduto in Malesia, anche perché, lo ripeto, io a Sepang non ho sbagliato, è successo qualcosa, non so, per cui fino al traguardo ho temuto si ripetesse un problema del genere. E ricordatevi: io, quando sbaglio, lo dico».
E adesso anche lei torna in corsa per il titolo?
«Sì, questa vittoria è il sole dopo un inizio buio. Difficile. Sono felice di essere stato il più veloce per tutto il week end».
Raikkonen ha provato a metterle pressione.
«Ho cercato di restare tranquillo, alzavo e diminuivo il ritmo in base a ciò che faceva Kimi dietro di me, ho gestito la gara, non sono mai andato al limite. Sono rimasto concentrato».
E influenzato.
«Nemmeno il raffreddore è stato in grado di togliermi la vittoria».
Quanto le pesa aver mancato i punti nei primi due Gp?
«Molto, davvero, però ci sono tante gare, saprò rifarmi».
L'anno scorso lei vinse qui, in Spagna e anche in Turchia: proprio Barcellona e Istanbul sono i due prossimi Gp.
«Ci penso, sarebbe bello, certamente farò il possibile. Qui in Bahrein sono sempre stato molto forte e non saprei spiegare il perché: ricordo che proprio su questa pista, due anni fa, conquistai la prima pole con la Ferrari, ed ero al debutto con la Rossa».
Sentiva la pressione?
«Quelle in Australia e Malesia non sono certamente state due domeniche facili: però quando fai un errore e sei nelle retrovie è una cosa, quando sbagli e guidi una macchina che può vincere resti comunque fiducioso. Di certo, è stata una corsa difficile, non volevo commettere errori, ho avuto molto tempo per pensare a quanto accaduto negli altri gp».
E le critiche di queste settimane?
«Ovvio, vorrei sentire sempre parlare bene di me. Mi piacerebbe. Però è nel gioco delle parti, capisco stampa e tv: ognuno fa il proprio mestiere. E poi le critiche non cambiano il mio modo di pensare o quel che pensa la squadra di me. In carriera, francamente, ho passato momenti ben peggiori di questo. Penso a quando la Sauber mi lasciò a piedi, a quando avevo i soldi per correre una sola gara in Europa, nelle formule minori, e se avessi sbagliato me ne sarei subito tornato a casa. L'unico giudizio che conta è quello del team, l'unico supporto di cui ho bisogno è quello della mia famiglia, di mia moglie».
Racconti il suo week end nel deserto.
«In qualifica la pole mi era sfuggita, ma ero assolutamente sereno: sapevo quanta benzina avevo in più. In gara la partenza è stata perfetta, Kubica ha sbagliato e l'ho passato.
E lo sarà ancora. Lo sa lui, lo sa papà Luis, purtroppo per Felipe lo sa anche quel simpaticone di Raikkonen.
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