"La massoneria e le banche: sono tutte bischerate"

Il Gran maestro del Grande Oriente d'Italia: "Un fratello fondò l'Etruria e la gestì benissimo. È ingiusto quello che De Bortoli dice di noi"

"La massoneria e le banche: sono tutte bischerate"

Per essere il capo di un'associazione misteriosa ed esoterica Stefano Bisi è sorprendentemente social: sito internet, pagina Facebook, Twitter, uso compulsivo di Whattsapp. «In fin dei conti ho sempre fatto il giornalista. Ed è un modo per sfatare qualche pregiudizio sulla nostra segretezza».

Bisi è il Gran maestro della massoneria italiana. Anzi, più precisamente il Gran maestro del Grande Oriente d'Italia, la principale loggia massonica del nostro Paese, quella con più iscritti (quelli dichiarati sono circa 23mila, riuniti in 850 logge), e con la storia più lunga. Fondata nel 1805 a Milano da Gioacchino Murat ed Eugenio de Beauharnais, vicerè napoleonico, ha avuto tra i suoi iscritti una sfilza di personaggi famosi: da Giuseppe Garibaldi a Giosue Carducci, da Francesco Crispi fino a Totò e Gino Cervi. È stata anche la loggia del non dimenticato Licio Gelli con la sua P2. Dal Grande Oriente si sono staccate le altre due principali obbedienze italiane, La Gran Loggia d'Italia e la Loggia regolare d'Italia (secondo alcune stime la prima ha ottomila iscritti, la seconda circa tremila). «Ma in realtà pare che i gruppi che in qualche modo si definiscono massonici siano addirittura 200, non abbiamo il monopolio del nome». Bisi, senese, 59 anni, è stato vicedirettore del Corriere di Siena ed è Gran maestro dal 2014. Il suo ufficio a Roma è nella sede del Grande Oriente, una splendida villa sul Gianicolo, proprio dove Garibaldi e i suoi uomini nel 1849 difesero la Repubblica romana dalle truppe francesi.

Oggi più di Garibaldi si parla di banche. Negli ultimi giorni siete finiti sui giornali per il caso Banca Etruria. L'ex direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli ha parlato di odore stantio di massoneria.

«Sì, e mi è dispiaciuto. Gli ho scritto, mi è sembrato ingiusto. Tra l'altro: perché stantio? Noi interpretiamo valori antichi come libertà, uguaglianza e fraternità, ma li decliniamo nella modernità. Guardi la nostra Costituzione. Meuccio Ruini, il presidente della Commissione dei 75, incaricata di redigere la bozza, era massone. E tutta la nostra Carta fondamentale è piena di valori massonici. La nostra attualità è fuori discussione».

In ogni caso la vostra immagine non ne ha guadagnato. Per dirla tutta: nella peggiore delle ipotesi siete considerati una sorta di cupola dedita a trame oscure, nella migliore come una specie di eccentrico Rotary utile per qualche affare. Indro Montanelli diceva che l'Italia è il Paese delle camarille e voi per molti siete la camarilla delle camarille.

«Senta, ognuno pensa quello che vuole. Io dico che la massoneria è il contrario dell'Aids: più la conosci e meno la eviti. Più la conosci e più i pregiudizi finiscono per sgonfiarsi. A me piace citare la definizione di massoneria che diede a suo tempo Mario Calvino, massone e papà di Italo, lo scrittore, che massone non era ma in qualche libro ha parlato dell'esperienza del padre. Diceva Calvino senior che la massoneria è un'associazione di persone che cercano di tutelare la libertà di pensiero e di promuovere il bene dell'umanità».

E quindi, tornando bruscamente alle vicende dell'attualità, i massoni con il caso Banca Etruria non c'entrano nulla?

«Io le posso dire che il fondatore del primo istituto mutualistico di Arezzo, che poi è diventato Banca Etruria, era un famoso massone. E che per moltissimi anni la Banca è stata guidata da un altro massone notissimo, Elio Faralli. Finché c'è stato lui le cose sono andate più che bene. Poi, quello che è successo dopo... Si è letto di tutto, anche i nomi di possibili mediatori massoni che si sarebbero interessati al salvataggio. Se lo sono, non sono del Grande Oriente d'Italia».

Nel libro che ha appena pubblicato, De Bortoli dice che in Toscana la classe dirigente è quasi tutta formata da fratelli di loggia. È d'accordo?

«Glielo dico in sintesi: è una bischerata».

Eppure in zone come Firenze o nella sua Siena i massoni sarebbero numerosissimi. Un calcolo di qualche anno fa parlava di almeno 2.000-2.500 fratelli nella sola Firenze.

«Nei nostri elenchi i fratelli sono 1.200-1.300 a Firenze e 150-170 a Siena e provincia. Naturalmente parlo sempre del Grande Oriente».

Non pochi e tutti legati dal vincolo di solidarietà massonica.

«La solidarietà tra massoni non è diversa da quella che lega chi appartiene ad altre associazioni. Di sicuro si deve esprimere nei limiti del lecito e della legge. E certo non si può impedire a nessuno di andare a confortare un fratello ammalato o in difficoltà personali o familiari. Ma poi, scusi, non è che se uno è massone non può partecipare alla vita della sua comunità. Per noi c'è una legislazione speciale? A Siena per esempio due sindaci stimatissimi come Aldo Ducci o Canzio Vannini erano massoni. E a Milano l'Umanitaria o il Pane quotidiano chi li ha fondati se non dei massoni?».

Alla domanda di un giornalista lei ha risposto che né Renzi né Verdini sono fratelli. Ma intorno a persone vicine al cosiddetto Giglio magico le voci si sprecano.

«Ma si figuri... Di più: non c'è un nome di quelli che vedo tutti giorni sui giornali che sia massone. Parlo per il Grande Oriente ma sono sicuro che vale anche per le altre logge. Anche se questo non dovrei dirlo perché non parlo per conoscenza diretta ma per semplice impressione».

Sempre a proposito della Toscana e di Siena, c'è chi considera anche lei organico a un sistema di potere cittadino che molto ha contribuito al collasso di Mps.

«La crisi di Mps non ha assolutamente nulla a che fare con la massoneria. Siena è una città che grazie allo sforzo di tutti era riuscita a creare grandi realtà: la banca, la fondazione, l'università, l'ospedale. Poi, certo, sono stati fatti errori gravi. Ma finché la banca è stato controllo pubblico, e voglio dire della città, le cose filavano per il verso giusto. A me di tutta la vicenda Mps è rimasto un procedimento giudiziario per ricettazione. La squadra di basket sponsorizzata dal Monte mi ha versato dei soldi per un lavoro che stavo facendo e non li ho dichiarati correttamente al Fisco. Le tasse dovute le sto pagando rateizzate e la ricettazione mi viene attribuita perché secondo l'accusa non potevo non sapere che quei soldi non erano regolarmente registrati nei bilanci».

Avete litigato anche con l'Antimafia e con la sua presidente Rosy Bindi.

«È cominciato tutto l'anno scorso quando l'Antimafia è andata a Castelvetrano, in Sicilia, la zona di Matteo Messina Denaro. Ho letto sui giornali che si parlava di coperture definite "massoniche" alla sua latitanza e mi sono preoccupato. Ho subito scritto alla Commissione e sono stato convocato per un'audizione, una prima e una seconda volta. Non mi ero ancora seduto che mi hanno subito chiesto gli elenchi dei 23mila iscritti. Prima di tutta Italia, poi quelli di Calabria e Sicilia dal 1990».

E lei?

«Io mi sono rifiutato. Ma scusi, se c'è qualcuno che fa qualche cosa di illecito si prendano subito i provvedimenti necessari. Se quel qualcuno fosse del Grande Oriente sarei io il primo a chiederlo. Ma non è che se c'è un iscritto all'Arci o all'Opus Dei che commette un reato tutti gli iscritti finiscono per essere sbattuti sui giornali. Quando è scoppiato il caso era il periodo di Mafia capitale. E nella vicenda erano implicati gli iscritti ad alcuni partiti. Ma non è che hanno chiesto i nomi di tutti gli iscritti a quei partiti».

E quindi che cosa è successo?

«In marzo la Guardia di finanza è venuta qui nella nostra sede. Una quindicina di persone, si sono fermati più di 12 ore e hanno sequestrato un sacco di documenti e gli elenchi degli iscritti di Sicilia e Calabria».

Voi avrete fatto ricorso

«Non si può, ho scoperto che gli atti delle Commissioni parlamentari di inchiesta non sono impugnabili. Ho fatto una denuncia in Procura e un ricorso alla Corte di giustizia di Strasburgo».

È il guaio di chi ha un passato non proprio impeccabile.

«Guardi, noi non siamo segreti. Abbiamo sedi pubbliche, nei piccoli centri tutti sanno dove siamo. A Massa Marittima di sedi ne abbiamo addirittura due. Sono appena stato in Sicilia, a Licata, a Campobello di Mazara ci sono targhe enormi che indicano dove siamo. A Milano siamo davanti al grattacielo Pirelli e anche qui c'è una targa bella evidente: Grande Oriente d'Italia. E non siamo nemmeno riservati visto che basta andare sul nostro sito per vedere la quantità di iniziative pubbliche che organizziamo. La verità è che in questo momento difendiamo un principio che dovrebbe interessare a tutti, quello della libertà di associazione e quello stabilito dall'articolo 2 della Costituzione: la Repubblica garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui opera».

Diciamo che nel passato siete stati sfortunati: si può incominciare dalla P2 di Licio Gelli, per finire con i fratelli Occhionero, accusati di avere spiato centinaia di persone. Lui, Giulio, che è ancora in prigione, era iscritto a una vostra loggia».

«Quanto a Gelli i fatti sono stranoti. La prima a reagire è stata la massoneria che l'ha espulso. Per quanto riguarda l'altra vicenda, Giulio Occhionero è stato sospeso e lei sa che, almeno a leggere i giornali, tra le persone spiate c'eravamo io e molti altri fratelli. Parlo di giornali perché il mio nome era nell'elenco degli account informatici violati pubblicato dalla stampa, ma a me nessuno ha detto niente e del caso non ho più saputo nulla».

Ma lei in massoneria come è entrato?

«Io non mi sono fatto spaventare da Gelli: sono entrato nel 1982, l'anno dopo il sequestro degli elenchi della P2, ma avevo iniziato interessarmi del tema già nel 1977. Conoscevo un paio di persone che sapevo vicine a una loggia, ho parlato con loro e ho iniziato una serie di incontri. È la stessa trafila che si fa anche oggi. E oggi c'è anche internet: ogni mese via web abbiamo in media un centinaio di «bussanti», si chiamano così coloro che sono interessati a diventare massoni. Li avviamo verso le logge locali e se poi ci sono le condizioni si procede».

L'iniziazione, ovviamente, obbedisce a riti ben precisi.

«L'apprendista deve superare delle prove simboliche di iniziazione, portare a termine un percorso di conoscenza, poi entra bendato nel tempio, spogliato dei metalli a simboleggiare il disinteresse per le cose materiali. Via via si diventa Apprendisti muratori, Compagni d'arte e infine Maestri. Poi ci sono i Maestri venerabili, i "capi" delle logge. E a proposito di associazioni democratiche, ogni anno immancabilmente tra il 15 novembre e il 15 dicembre ogni loggia elegge liberamente il proprio Maestro venerabile».

A colpire chi massone non è sono proprio questi aspetti: grembiulini, cappucci...

«Quando sono stato ascoltato dalla Commissione Antimafia c'è chi si è messo a sghignazzare. Dico solo questo: io non mi permetterei mai di irridere un sacerdote per i suoi paramenti. Ogni organizzazione che affonda le proprie radici nella storia ha una sua ritualità che va rispettata. I grembiulini non sono un gioco ma sono quelli degli antichi maestri d'arte che costruivano le cattedrali».

E il primo simbolo è il tempio.

«Nel tempio massonico tutto ha un significato. Il pavimento a scacchi bianchi e neri simboleggia la lotta del bene contro il male, sulla volta il cielo stellato indica l'incompiutezza umana e la tensione verso l'alto.

I tre ceri che vengono accesi all'inizio della cerimonia e spinti alla fine, le candele della Forza, della Bellezza e della Sapienza. Perfino il linguaggio rimanda al passato: le nostre riunioni si aprono con la relazione di un fratello e noi diciamo che tocca a lui "scolpire una tavola". Le sembra strano? Libero di pensarlo. Però ci rispetti».

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