Politica

Mastella invia gli ispettori alla procura di Milano

Il segretario Udeur: «C’è rischio di ricatti» Berlusconi: «D’accordo su un decreto legge»

Anna Maria Greco

da Roma

È bufera sulle intercettazioni telefoniche illegali del «caso Telecom». E mentre il Guardasigilli Clemente Mastella spedisce i suoi ispettori negli uffici giudiziari per sapere se sono coinvolte strutture della sua amministrazione nella clamorosa inchiesta della Procura di Milano, si profila un accordo tra Unione e Cdl su un provvedimento urgente che regolamenti le intercettazioni telefoniche e il loro uso.
«Sarei d’accordo anche su un decreto legge», afferma Silvio Berlusconi, ricordando il ddl proposto alla fine della legislatura. «Ma non se ne è fatto nulla, ora aspettiamo cosa farà questo governo». Per il vicepremier, Francesco Rutelli, «servono misure stringenti», perché si tratta di una vicenda «di una gravità assurda». Anche il leader della Quercia, Piero Fassino, usa toni duri: «È una brutta storia. Molti pensano che si possa condizionare o ricattare le scelte del Paese spiando la vita delle persone».
Il rischio, per Mastella, è proprio quello di «un maxi-ricatto» nei confronti degli intercettati illegalmente. A fine giugno, dopo la pubblicazione delle intercettazioni sull’inchiesta della Procura di Potenza, Mastella aveva proposto proprio un decreto-legge sulle intercettazioni, chiedendo a maggioranza e opposizione di appoggiarlo. I primi di agosto il testo aveva ottenuto un primo via libera dal governo, mentre la Cdl presentava una sua proposta di legge e scoppiavano le polemiche sulla libertà d’informazione. Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur alla Camera, invoca ora un provvedimento urgente del governo, parlando di rischi di un «colpo di Stato».
Con l’inchiesta amministrativa Mastella cerca di assicurare la segretezza degli atti giudiziari dell’inchiesta milanese sugli uffici sicurezza di Telecom, mentre il titolare degli Interni, Giuliano Amato, dice che il Viminale non è «infetto», ma che la vicenda avvalora il suo allarme sulle intercettazioni. Politici, imprenditori, giornalisti controllati dai centri di ascolto clandestini, rischiano di veder pubblicate le loro conversazioni e Mastella avverte che è un «grave attentato alle libertà civili e democratiche non soltanto l’illegale intercettazione, ma anche l'abusiva, incontrollata e talvolta strumentale diffusione di dati sensibili acquisiti nel corso delle indagini».
Il Garante della Privacy lancia un monito ai mezzi d’informazione perché non pubblichino i contenuti delle intercettazioni illegali che «oltre ad avere ricadute sulla vita del Paese, coinvolgono i cittadini che devono essere protetti da ogni esposizione mediatica della loro sfera privata». Il problema non è soltanto la privacy, interviene il Ds Luciano Violante, ma «capire che uso si faceva di queste intercettazioni». Il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, si dice allarmato per «la coincidenza singolare dell’apertura di indagini nei confronti di Telecom nel momento più delicato». Chi ha fatto le intercettazioni, dice il portavoce di An Andrea Ronchi, «deve andare in galera per non ricattare più e fare del male».
Il partito del ministro della Giustizia, l’Udeur, con An chiede che il governo riferisca urgentemente in Parlamento e intervenga perché non siano divulgati centinaia di dossier utilizzati per operazioni finanziarie. Lo stesso Mastella non esclude che l’esecutivo intervenga, «quando ci saranno le interrogazioni». Ma la Ds Anna Finocchiaro esclude che lo faccia Romano Prodi, quando riferirà sul caso-Rovati: «Non vedo perché il presidente del Consiglio dovrebbe rispondere sulle intercettazioni: è una vicenda oggetto di un'indagine giudiziaria e credo che ne abbia la stessa contezza di un qualsiasi cittadino italiano che legge i giornali». In un’interpellanza, Francesco Storace di An afferma, invece, che il premier «era formalmente a conoscenza, almeno dall’11 luglio di quest’anno, delle malefatte attribuite dalla magistratura a Telecom».
Del caso si deve occupare, per Enrico Buemi dello Sdi, la Commissione d’inchiesta parlamentare sulle intercettazioni. Ma Claudio Scajola di Fi e il Ds Massimo Brutti, presidente e vice del Copaco, avvertono che la vicenda coinvolge uomini dei servizi segreti e dunque è il Comitato che deve esaminarla. Ai presidenti delle Camere viene rivolto anche un invito a chiarire le sue competenze. Il presidente Ds della commissione Giustizia del Senato, Cesare Salvi, sferra però un duro attacco: «Nessuna legge prevede che dei servizi segreti possa occuparsi soltanto l’organismo da lui presieduto.

Il Copaco rischia di trasformarsi in un nuovo porto delle nebbie, ancorché bipartisan».

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