Mastrogiacomo, il premier smentisce D'Alema

Dichiarazioni contraddittorie del governo sul rapimento del giornalista in Afghanistan. Il ministro: sappiamo chi l'ha preso. Prodi: non sappiamo chi lo ha in mano

Mastrogiacomo, il premier smentisce D'Alema

Roma - Una sequenza di dichiarazioni in aperta contraddizione l’una con l’altra. E sulla delicatissima vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo tra Massimo D’Alema e Romano Prodi si sfiora l’incidente diplomatico, subito rientrato grazie al «dietrofront» del presidente del Consiglio che si riallinea alle parole del suo ministro.

La prima rivelazione è firmata da Massimo D’Alema. Il numero uno della Farnesina, in una conferenza stampa a Lisbona, apre uno spiraglio sulla possibile liberazione del giornalista di Repubblica sequestrato dai talebani. «Daniele Mastrogiacomo è vivo. Abbiamo elementi che ci portano a identificare chi lo tiene prigioniero e con questo gruppo ci sono dei contatti. Non si può parlare di una vera e propria trattativa ma ci sono dei contatti per cui si possono creare le condizioni per arrivare alla liberazione. Stiamo lavorando sul piano di un impegno umanitario. È una questione molto difficile, Mastrogiacomo è stato catturato dai talebani in un contesto di guerra nel sud dell’Afghanistan». Quindi, conclude D’Alema, «è una situazione che presenta molte difficoltà e che richiede anche una grande discrezione».

L’annuncio è importante e confligge con la cautela professata nei giorni scorsi dal titolare della Farnesina. Passano, però, poco più di due ore e Romano Prodi, ospite di Matrix, smentisce il suo ministro. «Il sequestro di Mastrogiacomo e la nostra presenza in Afghanistan sono collegati?», gli chiede Enrico Mentana. La replica del presidente del Consiglio è secca. «Non abbiamo idea delle richieste che ci possono fare. Prima di fare qualsiasi ipotesi, dobbiamo avere dei contatti precisi. Non saprei cosa dire ora, non sapendo chi detiene Daniele Mastrogiacomo. E sarei disonesto a dare una risposta. Comunque c’è unità di azione. Ci confrontiamo più volte al giorno con l’unità di crisi». Mentana chiama la pubblicità e scattano contatti frenetici tra lo staff di Massimo D’Alema e quello di Romano Prodi. Fino a quando Silvio Sircana, portavoce di Palazzo Chigi, interviene, facendo notare al premier la «dissonanza» di toni e contenuti rispetto a quanto detto poco prima a Lisbona dal ministro degli Esteri. Prodi, allora, riprende la parola e ricalibra il suo intervento: «Sappiamo chi lo detiene ma non sappiamo cosa vogliono». L’incidente non passa, ovviamente inosservato.

E il leghista Roberto Calderoli passa all’attacco. «Se davanti a una situazione così grave e così eccezionale, il governo, attraverso i suoi due più autorevoli rappresentanti in materia, esprime posizioni opposte allora è davvero il caso di staccare la spina a questo esecutivo per il bene loro e nostro e del Paese intero.

Dopo aver perso la credibilità internazionale stiamo cadendo nel ridicolo del duo D’Alema-Prodi. Ma questa volta non ci sono di mezzo i senatori a vita, qui c’è di mezzo la vita di una persona, la sicurezza dei nostri soldati e soprattutto la pace nel mondo».

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