Da Matarazzo a Chaplin e Kubrick Quant’ è bello il cinema del passato

Cinquantamila spettatori in otto giorni per vedere anche «Dracula» restaurato e «Malibran» di Guitry

Da Matarazzo a Chaplin e Kubrick Quant’ è bello il cinema del passato

da Bologna

Quasi cinquemila spettatori in piazza Maggiore per film restaurati, come Dracula il vampiro di Terence Fisher (1958), con Christopher Lee; e come Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick (1961), con Peter Sellers. E ancora: tremila per Mariti ciechi di Erich von Stroheim (1919) e La febbre dell'oro di Charlie Chaplin (1925), che sono muti. Dunque il Festival del cinema ritrovato - organizzato dalla Cineteca comunale di Bologna, diretta da Gianluca Farinelli - ha avuto cinquantamila spettatori in otto giorni. Effetto-divi? Ma di divi ne è venuto uno, e d'età, per quanto simpatico come pochi, soprattutto fra quelli americani: Ben Gazzara.
Allora che cosa ha unito folle di oggi a film di ieri? Il ritrovare - appunto - cinema che ha ciò che manca a quello del presente: intelligenza, finezza, umorismo, critica sociale e politica. Si è consolidato - nelle varie edizioni del Festival - un passaparola, così il pubblico affianca la cinefilia, rara coabitazione di specialisti e di chi guarda questi film come prime visioni scoperte in ritardo. Felice evento locale? Formando un circuito di cinema in piazza nelle estati delle altre maggiori città italiane, potrebbe svilupparsi un analogo interesse, che, unito alla circolazione in home video, ovvierebbe al declino del gusto cinematografico medio. Oltre ai titoli citati, infatti, ci sono state occasioni insolite per spettatori di ogni età e orientamento.
Chi ama la letteratura, ha potuto festeggiare i cent'anni dei Ragazzi della via Paal, pubblicato da Ferenc Molnar nel 1907, col film omonimo che Frank Borzage girò nel 1934; o ricordare la grandezza, cinematografica oltre che teatrale, di Sacha Guitry, di cui si sono visti Bonne chance (1935), La Malibran (1943) e La vie d'un honnête homme (1953). O, ancora, c'è stato modo di accorgersi che i problemi del colonialismo, che si muta in neocolonialismo, affioravano già in Sangue misto di George Cukor, con Ava Gardner (1956); e che la minaccia comunista era sublimata in minaccia spaziale ne L'invasione degli ultracorpi di Don Siegel (1956), ma in un modo così acuto da mettere in guardia anche dal totalitarismo dei sedicenti antitotalitari.
Fra le opere di italiani, si sono riviste quelle di Raffaello Matarazzo: gli iniziali Treno popolare (1933) e Il birichino di papà (1943), e quelli con Amedeo Nazzari, di cui ricorre il centenario della nascita: Catene (1949), Tormento (1950), I figli di nessuno (1951), Chi è senza peccato... (1952), Torna (1954) e L'angelo bianco (1955) furono grandi successi.
Se i Paesi ricchi hanno cominciato a restaurare il loro cinema, quelli poveri stanno perdendo il loro.

Presenti Raffaele Donato, collaboratore di Scorsese, Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes, la produttrice Izza Genini e Gianluca Farinelli, il Festival bolognese ha dunque annunciato che l'attività della Cinema Foundation (Cf) si estende alla World Cinema Foundation (Wcf), ideata sempre da Scorsese: essa sosterrà i restauri, per esempio, del film marocchino Transes di Ahmed el Maanouni (1983), quasi ultimato proprio dalla Cineteca di Bologna. Il futuro è di chi ha la memoria più lunga.

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