Matri, caduto dalla bici tra le braccia della Signora

Se non fosse caduto dalla bicicletta forse oggi a Torino nessuno saprebbe chi mai sia questo Alessandro Matri. Il fatto accadde quando il pupo aveva dieci anni, correva per il Pedale Graffignanino, dicono le cronache che suo padre Luigi ne fosse il presidente, passione antica. Alessandro andava per circuiti, nessuna salita, nessuna crono ma gioco, gimcane, così impongono i regolamenti e la logica, trattasi di categoria g1 o g2, giovanissimi dunque, eppure la gamba girava bene, così dimostravano le dieci medagliette d’oro, direi meglio dorate, che mostrava ai parenti e agli amichetti prima che l’audace colpo dei soliti ignoti non le facesse sparire dalla casa di Graffignana, il sito dove Luigi e la Pinuccia tenevano assieme la famiglia, con l’Alessandro e l’Alberto.
La caduta violenta fece cambiare idea e progetti a lui e al padre. Dunque il calcio, dunque la Virtus Don Bosco sempre di Graffignana, meno rischi, si cade ma non a trenta all’ora. Qualche gol, altre medagliette, roba da ragazzini ma già importante per farlo traslocare a Lodi, nel Fanfulla e qui ecco il colpo di magia: si appalesa tale Ruben Buriani, ex boscaiolo del centrocampo milanista, lo osserva, lo scruta, lo studia, se lo porta a Milano, alla voce Milanello. Il resto è cronaca da almanacco, favola e cronaca vera, incomincia il giro d’Italia, per l’ex ciclista si tratta di football: Prato, Lumezzane, Rimini, Cagliari, gol, promesse, premesse.
Il pupo è cresciuto, non vale medagliette dorate ma milioni, adesso diciotto, quasi venti, roba da matti; il ragazzo si è fatto bello, dicono bellissimo, alla voce sciupafemmine, l’ultima delle quali, per nulla affatto sciupata, si chiama Federica e balla davanti a milioni di telespettatori, all’ora di cena, insomma è la Nargi, velina, nera di capelli, di Striscia la Notizia. Ieri giornata di riposo, dopo il gol ai campioni d’Italia, d’Europa, del mondo, un lunedì da san Valentino, sembra tutto scritto nel copione da Peynet.
Insomma ci siamo, c’è la nazionale, c’è la Juventus, ci sono i gol pesanti, che altro potrebbe chiedere il ragazzo fresco, normale, dunque una specie di anomalia nel campionario e campionato nostrani, frequentato da figurine ed eroi casuali? Ma siamo all’inizio, Matri è arrivato all’ultimo secondo alla Juventus, per disgrazie altrui, infortuni, rifiuti, coincidenze imprevedibili. Non ha avuto esitazioni, Cagliari, il Poetto gli restano nel cuore e sulla pelle ma sul continente si sta più vicini alla Fefè come dice Greggio, a Graffignana, alla bassa lodigiana, non c’è il mare, non c’è il sole ma la nebbia antica non toglie la vista della porta avversaria. Il bello deve ancora arrivare. Matri sa bene che a giugno qualcuno dovrà decidere, prenderlo e lasciarlo. Se va avanti così sarà una passeggiata, una tappa di trasferimento.

Sa anche che tra le maglie di riserva della Juventus ce n’era anche una di color rosa, si potrebbe tirar fuori dall’armadio, era uno dei sogni del ragazzo. Prima della caduta. Poi, per fortuna, Buriani si è presentato a Lodi.

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