Andrea Acquarone
da Milano
Il ménage coniugale si è ormai trasformato in noiosa routine? Niente passione, nessuno slancio, quasi che la convivenza fosse obbligata, magari perché nessuno ha il coraggio di dire basta e far fagotto? Ebbene, se la storia non dà più «emozioni» farsi lamante è un «diritto». A rigor di legge.
Lo ha sentenziato la corte di Cassazione. E con tanto di motivazione: quando i rapporti tra marito e moglie sono da tempo «formali», in caso di separazione, la colpa non potrà essere addebitata al coniuge che nel frattempo si è trovato un nuovo partner. Un caso tutto sommato classico quello che la Suprema Corte si ritrovava sullo scranno, il maledetto triangolo su cui Leopold Fechtner scrisse: «Il mio migliore amico è fuggito con mia moglie e, lasciamelo dire, mi manca tanto... Lui».
Stavolta, a ruoli invertiti, la querelle lha risolta la Corte di Cassazione cancellando laddebito della separazione a un imprenditore. B.G. era stato sorpreso dalla moglie G.T., in atteggiamento decisamente inequivocabile con un'amica di famiglia. Un modo per «confortarsi», per «ritrovare laffetto perduto», si può leggere tra le righe della sentenza dei giudici. Secondo la Suprema Corte, infatti, il «tormentato corso della convivenza della coppia fondato su rapporti freddi e formali non può fare ricadere la colpa del crac matrimoniale sul coniuge che si è consolato con un'altra persona. B.G. e G.T. si erano separati nel giugno del 2000 quando il Tribunale di Roma, con sentenza del febbraio 2004, addebitava la colpa della separazione al marito, colpevole di avere imbastito una relazione con il medico della moglie, amica di famiglia. Situazione ribaltata in appello dalla Corte della capitale, luglio 2005, secondo la quale era da escludere «il nesso causale tra il comportamento del coniuge e la separazione» alla luce della «lunga convivenza formale» che andava avanti da anni tra la coppia dalla quale erano nati due figli.
Invano G.T. ha tentato di ribaltare la situazione in Cassazione.
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