Luca Telese
da Roma
Lultimo dei paradossi vuole che quella che era stata presentata come una nuova epifania della sinistra, lennesimo nuovo inizio, la salvifica nascita di un nuovo partito sia diventato una specie di vertice di congiurati, una riunione segreta, lincontro in data e località sconosciuta dei segretari di partito che dovrebbero propiziare la nascita del nuovo soggetto politico. Ci deve essere davvero qualcosa di strano, paradossale e incredibile se le due principali forze che compongono lUnione nel momento in cui vanno al governo sembrano entrate in agonia: Rifondazione comunista in preda alle febbri malariche prodotte dal voto sulla missione in Afghanistan e dal conseguente dissenso dei pacifisti, Margherita e Ds ai ferri corti, proprio nel momento in cui si apprestano a celebrare un matrimonio che non sha da fare, se non altro perché nessuno lo vuole fare. Il bollettino di guerra di ieri, infatti, pareva un De Profundis.
Per ricapitolare: Piero Fassino dice che il nuovo Partito democratico non si può fare, se non aderisce alla famiglia del socialismo europeo. Francesco Rutelli dice che il nuovo partito non si può fare se aderisce alla famiglia del socialismo europeo. Fabio Mussi, leader della minoranza della Quercia, assurto in questi giorni al ruolo di convitato di pietra, dice che il Partito non si può fare né se aderisce alla famiglia del socialismo europeo e nemmeno se non ci aderisce. Insomma, a parte il fatto che farebbe comodo a Romano Prodi, non si capisce perché Margherita e Ds, entrambi gelosi della propria autonomia, dovrebbero cedere sovranità per costruire un partito comune. E nemmeno si capisce chi dovrebbe essere leader di questo partito, visto che Walter Veltroni, lunico che lo ha veramente a cuore è impegnato a fare il sindaco di Roma e Piero Fassino, lunico veramente disponibile, non lo vuole nessuno. Così, notizia di ieri, è appunto che per dirimere questo grottesco intrico di ambizioni e desideri frustrati, è stata indetta una riunione dei leader, ma che questa riunione avverrà in segreto, probabilmente lunedì sera, perché non ci siano giornalisti quando voleranno gli stracci e gli schizzi di sangue. Non si capisce come può nascere, questo partito, se è vero che Walter Veltroni, alla Festa dellUnità, rispondendo al direttore del Messaggero, Roberto Napoletano, che gli chiedeva di quantificare con una proiezione da 1 a 10 le possibilità di nascita del nuovo partito rispondeva: «Ad essere franchi fino in fondo? Dieci se prevarrà la volontà di farlo davvero e subito, zero se prevarranno i veti incrociati, le rivalità, le dilazioni». Bene, è come dire che le probabilità sono zero. Anche Beppe Fioroni, ministro della Pubblica istruzione ma uomo forte della maggioranza mariniana della Margherita, ieri ammoniva: «Non vorrei che i Ds avessero cambiato idea». Ed è uno strano gioco, quello per cui i Ds rinfacciano alla Margherita di voler sabotare il nuovo progetto e la Margherita rinfaccia ai Ds di fare altrettanto.
Intanto nella società civile e nelle basi dei partiti linteresse per la nuova creatura politica è pressoché uguale a zero. Non cè un solo segretario di sezione che abbia manifestato il desiderio di convolare a nozze nel nuovo Partito democratico, non cè un solo intellettuale che ne abbia proclamato il bisogno e nemmeno uno straccio di Sabrina Ferilli che abbia annunciato uno striptease di gioia nel caso nascesse. Non solo: in questi giorni continuano a manifestarsi differenze abissali sui soliti temi dirimenti ed è davvero difficile immaginare un partito in cui lipercattolica Paola Binetti potrebbe convivere con liperlibertario Franco Grillini o in cui gli eredi del Pci possano trovare radici comuni con gli eredi del Partito popolare e residui aggregati della Lista Dini o dei repubblicani post sbarbatiani.
Un tempo i partiti nascevano da grandi processi storici, nei catini sulfurei dei congressi, nelle strade e nelle piazze. Questo Partito democratico, con troppi padri putativi, nasce in vitro e sembra fin dora un aborto.
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