Che i limiti di velocità autostradali siano un punto di attrito fra molti automobilisti e a volte elemento di discussione allinterno delle stesse famiglie è una certezza. Prima Ferri, poi Lunardi e Bianchi, ora Matteoli. Tutti ministri dei trasporti che dal 1988 ad oggi hanno tentato di trovare la formula ideale: prestazioni + sicurezza + infrastrutture + traffico = limite di velocità autostradale.
Adesso i senatori leghisti dicono la loro proponendo un emendamento al disegno di legge che azzera il livello di alcol nel sangue per i neopatentati e che potrebbe introdurre il divieto di fumo al volante. Il senatore del Carroccio Mura e il collega Stiffoni propongono di «obbligare le autostrade ad alzare il limite di velocità a 150 chilometri orari dove ci sono tre corsie per senso di marcia ed è attivo il sistema di controllo Tutor». Parlano di obbligo perché già dal 2003, a loro discrezione, le «autostrade» potevano farlo ma nessun gestore ha colto la palla al balzo forse temendo che questa responsabilità esclusiva lo potesse esporre a critiche e a possibili cause legali in caso di incidenti.
Il passato è passato ed è facile fare confusione con il limite di 140 km/h in vigore sino al 1988 anno in cui è stato abbassato a 110 orari dal ministro Ferri e rialzato a 130 solo sei mesi dopo. Era lestate del 2001 quando il ministro del centrodestra Lunardi ha premuto lacceleratore puntando sui 160 km/h ma senza riuscirci. Nel 2006 il ministro Bianchi ha provato a frenare per passare da 130 a 120 prendendo a modello il Belgio ma nessuno gli ha dato ascolto. Oggi il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli spiega che «se il Parlamento deciderà di modificare la legge lui è favorevole ad alzare i limiti di velocità in autostrada a 150 chilometri orari. Non credo sia giusto né possibile - aggiunge il ministro Matteoli - che una macchina di piccola cilindrata e una più potente debbano per legge procedere alla stessa velocità». Come dargli torto. Prendiamo ad esempio la piccola Smart, gioiello di sicureza dedicato alle città più trafficate che ha una velocità massima di 135 chilometri orari, autolimitata è la grande Land Rover Defender pensata per attraversare i deserti ma che in autostrada oltrepassa solo di poco i 130. Per queste due vetture il limite di velocità imposto collima (tolleranze incluse) con il loro limite reale. Obiettivamente sono davvero pochi i proprietari di queste due auto che si farebbero un Milano-Roma a tavoletta. Questo spiega perché i limiti andrebbero differenziati, è la logica a dirlo. Daltronde sono diversi i costruttori che limitano elettronicamente, in modo responsabile, la velocità massima delle proprie auto a seconda delle prestazioni dinamiche complessive: da Audi a Bmw passando per Mercedes e Lexus. «Credo che sia giusto - ha aggiunto il ministro Matteoli - regolamentare questa materia tenendo conto anche dei requisiti tecnici delle auto, ovviamente continuando a garantire la massima sicurezza per chi viaggia. Ma è chiaro che ci sono veicoli che possono circolare a velocità più alte in tratti autostradali che lo permettano e dove la sicurezza non viene meno». Insomma se ci sono almeno tre corsie e il Tutor. In molti guardano con speranza alla Germania dove su alcuni tratti autostradali non ci sono limiti di velocità ma dove quando ci sono vengono rispettati da tutti. Chi ha provato a viaggiare sulle autobahn tedesche sa che tutti gli automobilisti rallentano immediatamente non appena vedono i cartelli che segnalano un tratto di strada in cui la velocità va limitata. Va detto che ogni limite è motivato da una ragione pratica evidente a tutti. Si può trattare di una stazione di servizio o di unuscita autostradale oppure di un cantiere. Qualcuno potrebbe dire che è merito delle otto case automobilistiche che fabbricano in Germania: Porsche, Bmw, Mercedes, Audi, Ford, Smart, Volkswagen, Opel.
Forse è invece merito degli automobilisti tedeschi che con lautostrada vuota viaggiano a 150 orari nella corsia più a destra o del fatto che la distanza di sicurezza - non è 10 centimetri ndr - viene rispettata da tutti.
mario.cucchi@il giornale.it
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