Dopo la maturità studenti confusi e alle superiori arriva lo psicologo

Ci sono studenti che restano parcheggiati in facoltà per anni, pagando rette su rette e concludendo ben poco. Altri hanno il coraggio di cambiare il percorso di studi solo dopo una decina di esami. Altri ancora abbandonano gli studi e, rassegnati, vanno a lavorare. Insomma, sono tanti i ragazzi che sbagliano a scegliere o gli incalliti fuoricorso. Per questo nasce la figura dello psicologo dell’orientamento, che aiuta a ridurre la dispersione scolastica e dà una mano a prendere la strada giusta. Si tratta di un esperto che parla con gli studenti dell’ultimo anno delle superiori, ascolta quali sono i loro sogni, li aiuta a mettere a fuoco le proprie predisposizioni. E in questo periodo ha particolarmente da fare, in una sorta di tour degli istituti milanesi. La battaglia non è di poco conto: i numeri della dispersione scolastica sono preoccupanti e in Italia si attestano attorno al 21,9%, contro una media del 10% dell’Unione europea.
«I più facilitati nella scelta - spiega Andrea Calò, psicologo adolescenziale - sono i ragazzi degli istituti professionali perché sono già orientati verso il mondo del lavoro e studiano per delle professioni mirate e reali». Per gli studenti del liceo, scegliere cosa fare da grandi diventa invece estremamente complicato. «I liceali - tratteggia un quadro Calò - sono dei turisti che giocano a immedesimarsi nei più svariati ruoli: non conoscono se stessi né la domanda di lavoro. Sono più giocherelloni, meno concreti, rispetto ai ragazzi delle scuole professionali e sognano di fare le professioni più diverse: da astrofisica a psicologia».
L’unico punto fermo dei diciottenni è che vogliono guadagnare bene, non fare troppa fatica e non trovarsi intrappolati in percorsi di studi lunghi dieci anni tra laurea e specializzazione. In tanti, sempre di più, mettono al primo posto la visibilità sociale e puntano a diventare famosi. Qualcuno, pur di trovare un alibi per abbandonare l’università, usa come scusa la famiglia e dice di non voler gravare sui genitori con le spese per gli studi. «Quando parlo con i ragazzi - spiega Calò - cerco di far capire a ognuno di loro che un passo indietro non è sempre una sconfitta. Se va nella direzione della propria propensione personale è sempre una vittoria». In base ai dati raccolti dagli psicologi, risulta che il 10-20% dei diciottenni non vorrebbe iscriversi all’università ma lo fa lo stesso «per riscattare l’immagine della famiglia di non laureati». Attribuendo forse alla laurea il valore che aveva una volta, considerandola cioè un punto di arrivo e non di partenza per costruirsi una carriera.


Dopo aver sostenuto decine, centinaia di colloqui, gli psicologi avanzano una richiesta alle scuole: «Organizzate più stage nelle aziende. Altrimenti per i giovani il mondo del lavoro sarà solo pura immaginazione». Un’esperienza diretta e pratica invece permette di mettersi alla prova e di toccare con mano il mondo del lavoro.

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